Il commento di Barigelli: I 12 hanno perso la faccia. Possono perdere anche la partita

I nostri club si definiscono “élite”, ma sono usciti malamente dall’Europa. Il problema è una questione solo di soldi, i ribelli hanno debiti enormi

La Superlega non ci piace. Non ci piace questo calcio di plastica, immaginato da un gruppo di presidenti e finanzieri che vogliono non solo rompere con l’Uefa, ma trasformare la più appassionante competizione europea in un trofeo a inviti. Non ci piace la modalità con cui tutto è avvenuto. Di nascosto, sottobanco.

Il golpe

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Agnelli, mentre in Europa trattava la Superchampions con Ceferin, preparava il golpe con Real e Manchester United. Mentre in Italia diceva sì ai fondi in Lega e si faceva nominare nella commissione incaricata di trattare con Cvc, metteva le basi per sabotarla, battendosi contro l’accordo che aveva fino a poche settimane prima sostenuto. L’ipocrisia eretta a sistema. Dietro alla Juve, a rimorchio, l’Inter con Marotta, passato anche lui dal sì ai fondi al mai e poi mai, incassando la nomina a consigliere federale che sarebbe opportuno lasciasse, visto l’aperto conflitto con la Federazione. Così come Scaroni dovrebbe abbandonare il consiglio di Lega: il Milan del fondo americano Elliott non può fingere che non sia successo nulla. I nostri club sono entrati in questa élìte (così si definiscono), ma in questa stagione sono usciti malamente dall’Europa senza lasciare significativa traccia. Non vinciamo una Champions da oltre un decennio, non abbiamo mai vinto un’Europa League. I tre club sono stati invitati al banchetto organizzato da Real e United per i milioni di tifosi che con passione seguono Juve, Inter e Milan. Non per i risultati conquistati in campo. Per i successi del passato. Non per le sconfitte di adesso. Il calcio non è l’Nba, non lo sarà mai. Il gioco stesso e la passione che lo sostiene si fonda sulla possibilità che la squadra più debole abbia una chance di battere la più forte. Tradire questo principio significa tradire la nostra stessa cultura europea. L’Olimpiade è nata in Grecia, non a Las Vegas. Lasciare fuori la Germania, la Francia, il Portogallo, la Russia, l’Olanda, l’Ungheria, paesi che hanno fatto, e fanno ancora, la storia del calcio è un delitto. Far giocare sostanzialmente sempre gli stessi è un’assurdità fatta passare come una conquista del nuovo che avanza, del modello americano di intrattenimento a cui è sbagliato resistere. Tutte fesserie.

I soldi

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Quindi cosa è veramente in discussione? Ma i soldi, naturalmente. La pandemia ha fatto esplodere i bilanci e la crisi di liquidità di cui soffrono i 12 club sottoscrittori. Tutti. Tre hanno proprietà americane (United, Liverpool, Arsenal). Un altro è di uno stato arabo (Manchester City). Uno di un oligarca russo che ha preso il passaporto israeliano per poter rientrare in Inghilterra (Chelsea). Poi c’è un inglese che risiede alle Bahamas (Tottenham). Due club spagnoli che hanno oltre due miliardi di debiti (Real e Barcellona), il terzo spagnolo è sostenuto dalla cinese Wanda. Anche i tre italiani non stanno messi bene. L’Inter sta negoziando un accordo con i giocatori sulla dilazione degli stipendi, la Juve ha avuto bisogno, poco più di un anno fa, di un aumento di capitale da 300 milioni e rischia quest’anno un passivo pesante. Tanto che molti analisti hanno giudicato il voltafaccia di Agnelli come una mossa dettata dalla necessità sempre più stringente di reperire risorse. Vedremo se ci riuscirà. Intanto, al punto in cui siamo, ha messo l’azionista Exor in rotta di collisione con le istituzioni politiche europee, con Draghi e con Macron, presidente della Francia dove ha sede Stellantis, il gruppo automobilistico nato dalla fusione tra Fca e Psa. Cosa succederà ora? L’Uefa dovrà decidere se mettere al bando i 12 club e come farlo. Ci sarà materia per gli studi legali. Comunque si dovrà fare i conti con l’Europa: politica, economica e sportiva. Da qui discenderanno le decisioni di Federcalcio e Lega. Auspichiamo siano dure quanto i toni delle dichiarazioni di queste ore. I tre club vorrebbero disputare comunque il campionato: ma che senso avrebbe la corsa Champions, che oggi sta appassionando i tifosi, se i posti sono già assegnati? Dove c’è competizione sportiva deve esserci merito. Siamo di fronte a un conflitto tra il calcio concepito come impresa e il calcio concepito solo come finanza. Non sappiamo come finirà, ma sappiamo da che parte stare. I 12 club per ora hanno perso la faccia, vediamo se perderanno anche la partita.

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