Il calciomercato come il Far West. Servono indennizzi per i club

L’agente di Skriniar l’ultimo protagonista. Occorrono norme per tutelare le società da chi le lascia a parametro zero

Proprio nel momento in cui Milan Skriniar commetteva una sciocchezza colossale, meritandosi un’espulsione decisiva per la gravissima sconfitta dell’Inter contro l’Empoli a San Siro, il suo procuratore in televisione attaccava il club nerazzurro attribuendogli la responsabilità dell’imminente addio del difensore. Una scelta di tempo quanto mai improvvida, quella di Sistici (così si chiama l’agente in questione): il contrasto tra il calciatore che sbaglia in campo e nello stesso tempo scatena la bagarre per scappare altrove è terribilmente sgradevole; l’atteggiamento di chi lo assiste appare provocatorio, perfino arrogante. Il calciomercato trasferito nel Far West con la macchina del tempo. Non è una novità, in tanti anni ne abbiamo viste di tutti i colori, eppure non ci abituiamo mai a certi comportamenti da saloon. Va bene fare i propri interessi, ci mancherebbe: il calcio non è una confraternita dedita alle buone azioni, tanto meno alla carità. Ma dovrebbe esserci un limite, che invece viene costantemente superato in nome dell’affare da chiudere a ogni costo, alle massime cifre possibili.

Sforzo

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Tutti conoscono le condizioni economiche dell’Inter, tutti sanno che – nonostante le acclarate difficoltà di bilancio – ha provato a trattenere Skriniar andando perfino oltre le proprie possibilità, con un’offerta da sei milioni netti più bonus a stagione. Se non lo ha ceduto al Psg l’estate scorsa è soprattutto perché ha creduto di poterlo convincere a rimanere. Un’illusione, alimentata dal giocatore e dal suo procuratore. Un’illusione nella quale i dirigenti nerazzurri non dovevano cadere. Ma come può sostenere Sistici che è stata l’Inter ad avere messo Skriniar sul mercato sei mesi fa? Se lo avesse davvero fatto, poi lo avrebbe anche ceduto al Paris Saint-Germain. E avrebbe incassato 50 milioni, anziché i 15-20 che spera di prendere ora. Le brutte storie di mercato degli ultimi anni impongono una riflessione seria sul mondo dei procuratori.

Agenti improvvisati

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Un mondo spesso discusso anche in passato, ma che sta ospitando un numero crescente di personaggi quanto meno discutibili: agenti improvvisati, avvocati impreparati, avidi familiari di giocatori che s’inventano geni delle trattative. Non sono tutti così, sia chiaro; generalizzare è sempre sbagliato. Nella categoria ci sono professionisti seri e preparati, i quali svolgono con correttezza il loro lavoro, che è quello di fare gli interessi dei clienti ma senza approfittarsi di situazioni e opportunità. Sono sempre più numerosi, però, coloro che vanno oltre le regole e la lealtà, alimentando tensioni eccessive attorno agli stessi calciatori, alle loro squadre, alle società. Il calciomercato da qualche tempo vive una situazione complicata, in particolare dopo il Covid. I club faticano sempre più a tenere in ordine i bilanci (a parte gli inglesi e il Psg) e la loro capacità di investimento è molto inferiore rispetto al passato; nel contempo, le ambizioni e le aspettative rimangono elevate. Si creano cortocircuiti che spingono a interventi di emergenza (le plusvalenze fittizie, ad esempio) mentre sono sempre di più i giocatori che lasciano le loro squadre da svincolati.

Regole

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Un clima da Far West, appunto, che richiede regole nuove. Una su tutte, la più urgente: individuare un metodo per indennizzare le società che perdono i calciatori a zero. Fino al 1995 e all’introduzione della legge Bosman, esistevano i cosiddetti parametri che garantivano un’entrata ai club nel momento dell’addio a scadenza di contratto. Adesso occorre un istituto del genere, studiato e concordato a livello europeo affinché non sia in contrasto con le norme dell’Ue. Altrimenti le società, soprattutto quelle che crescono i giovani, saranno sempre meno stimolate a compiere il loro percorso virtuoso: perché devo investire energie e denaro per coltivare un talento che poi se ne va a zero, magari sbattendo la porta?

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