Il calcio, un gioco da ragazze: “Ma non paragonateci ai maschi”

Un prodotto diverso ma appetibile, un movimento in crescita: “Ci serve maggiore visibilità”: Rita Guarino, Laura Giuliani e Manuela Giugliano hanno raccontato le loro esperienze

Un gioco da ragazze? Certo che sì. “Però bisogna cominciare a pensarlo come una entità distinta dal calcio maschile. Senza fare paragoni, perché non sono paragonabili”. Il coro che arriva dal cinema Anteo, dove l’allenatrice dell’Inter Rita Guarino, il portiere del Milan Laura Giuliani e la centrocampista della Roma Manuela Giugliano hanno partecipato al dibattito “Un gioco da ragazze”, è un messaggio preciso e concreto. Parola d’ordine: guardare al futuro e non al passato, perché è vero che nel 2019 l’Italia si è appassionata alla storia delle azzurre durante il Mondiale, ma sono passati quattro anni e molte cose sono cambiate, a livello legislativo e non soltanto. È arrivata la legge sul professionismo, il campionato di Serie A ha scelto un altro format, alle porte c’è un altro Mondiale (in Australia e Nuova Zelanda, la prossima estate), e lo scopo, per Manuela e Laura, atlete della Nazionale, è prima di tutto far divertire la gente, emozionare e coinvolgere.

Obiettivo

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Rita Guarino, come le due calciatrici, fissa l’obiettivo per il movimento in generale: “I club stanno facendo tanto, però ci serve più visibilità”. “Sempre più ragazzine a Roma mi riconoscono e mi chiedono dove possono cominciare a giocare a calcio”, racconta Manuela. “Le bambine vogliono giocare a pallone, a volte il problema sono i genitori”, dice Laura. Questione culturale, come testimonia Cristina Jacob, manager della Visa sponsor di un team di 33 calciatrici: “Lavoriamo per l’inclusione”. Inclusione e distinzione. Perché sì, è un gioco da ragazze. Basta non paragonarlo al pallone dei maschi.

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