Il calcio e la Gazzetta: Meazza, Pelé, Ronaldo, “Tutto vero”… e il ragionier Bosisio

In tutto il 1896, appena nata, la Gazzetta pubblicò solo cinque notizie di football. Poi…

Ve la immaginate una Gazzetta dello Sport che pubblica cinque sole notizie di calcio in un anno? Fantascienza? No, storia. Accadde alla Gazzetta appena nata, quella del 1896. La prima delle cinque notizie di football arriva da Udine e data 18 maggio: la sfida tra una prima liceo e una quarta ginnasio. La seconda giunge da Londra, siglata da un nome che un secolo più tardi farà storia: Arrigo.

La Gazzetta in realtà, nella culla, si chiamava “Il Ciclista e la Tripletta” e questo già spiega tutto. È un altro mondo. Il Risorgimento è appena dietro le spalle. I valori militareschi puntellano ancora la società. Ci si iscrive al poligono di tiro come oggi al circolo di tennis. Si fa sport con fucile, pistola, spada, cavallo: battaglie simulate. Più la bici, che è il cavallo moderno e suggerisce la testata del nuovo giornale sportivo. Basti leggere la notizia che arriva dal Belgio il 25-9-1896: tiro al pollo, il pennuto è appeso per le zampe a 40 metri di distanza, chi lo ammazza se lo tiene. E i premi promessi dalla Gazzetta per i primi abbonati del 1903? Pistola automatica a ripetizione Browning; 4 fucili da caccia; una vetrina d’armi; 2 carabine Fabrique Nationale di Herstal. Praticamente un arsenale. Troppo presto per apprezzare un dribbling o un pallone preso a calci che rotola tra due pali. Cinque notiziole in un anno nella rubrica “Giuochi sportivi” bastano e avanzano. Ma non per tutti. Ci sono i pionieri, i visionari che anticipano i tempi. Uno di questi è il ragionier Luigi Bosisio, monzese dell’82, che scrive di ginnastica sulla Gazzetta. Ginnasta lui stesso e calciatore (difensore) della Mediolanum. Quando i calciatori si staccano dai ginnasti e passano al Milan, Bosisio li segue e diventa dirigente rossonero. Fa anche l’arbitro e nel 1909 viene eletto presidente dalla Federcalcio. Una passione e una devozione totali al nuovo gioco che emerge anche dagli articoli che firma. Da una parte guarda estasiato ai Paesi in cui il calcio ha attecchito da tempo: “Ventesimo match tra Inghilterra e Scozia. Immensa era l’aspettativa: figuratevi che 40.000 persone assistevano allo svolgimento della gara. Calcolasi che quasi 6.000 siano venuti dalla Scozia” (18-4-1897). Dall’altra spinge all’emulazione: “Anima dunque, o giovani milanesi, e cercate di conquistare anche in questo sport, quel nome che già conquistaste nel ciclismo, nella ginnastica e canottaggio” (18-12-1899). Scendete in campo, ragazzi. Lui, il ragioniere, lo fa già. Come informa la Gazzetta del 28-2-1902: “Funzionava da arbitro il nostro redattore di ginnastica rag. Bosisio”. Che dalle colonne del suo giornale, nel 1907, lancia la proposta di sostituire la parola “football” con “calcio”. Insomma, la Gazzetta dello Sport non solo ha visto nascere il nuovo gioco, lo ha promosso e lo ha spinto, ma lo ha addirittura battezzato… In 125 anni di storia, il nostro giornale non ha mai perso questa posizione privilegiata di primo, autorevole, intermediario tra il pallone e la gente.

VISITE E PRIMATI

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Quando negli Anni 30 si affaccia il primo vero divo moderno del calcio italiano, Peppino Meazza (belle auto, belle donne, pubblicità), la Gazzetta è già al suo fianco. La gente infatti canticchia: “La donzelletta vien dalla campagna leggendo la Gazzetta dello Sport, e come ogni ragazza lei va pazza per Meazza che fa reti al tempo di fox trot”. È sempre stato così. Da allora a oggi, la Gazzetta dello Sport è sempre stata il primo ponte attraversato dai campioni per arrivare alla gente. La mattina del 25 luglio 1997 Ronaldo il Fenomeno sbarca a Linate. Prima di andare a pranzo dai Moratti e di affacciarsi in via Durini per il saluto ai tifosi interisti, passa dalla redazione della Gazzetta dello Sport e, quando se ne va, semina il panico suonando l’allarme dell’ascensore perché la sua curiosità infantile lo porta a scoprire il suono di tutte le sirene. Ha conosciuto il direttore Candido Cannavò che lo raggiungerà nelle clinica parigina, in cui dovrà farsi operare, e gli recapiterà i messaggi di conforto dei lettori piovuti in Gazzetta. In via Solferino era di casa Pelé, la più forte icona calcistica della storia, che non perdeva occasione per salutare “l’amico Candido”. Cannavò, direttore della Rosea dal 1983 al 2002, con la sua sensibilità e la sua umanità, ha prolungato e illuminato la rivoluzione editoriale del suo predecessore e compagno di lavoro, Gino Palumbo, che alla guida della Gazzetta (1976-83) ha reinventato il giornalismo sportivo: linguaggio meno retorico, più semplice, diretto; più attenzione all’uomo nascosto dietro al campione, più cura del privato oltre l’immagine pubblica, al retroscena, all’emozione, alla polemica che nasconde la cronaca; uso più spettacolare di foto e titolazione, caratteri più grandi. In soldoni: un altro strappo per portare gli eroi del calcio ancora più vicini alla gente. Il risultato è che la diffusione del giornale, anche grazie alla spallata del trionfo mondiale di Spagna ’82, raddoppia. Dal 1982-83 la Gazzetta dello Sport toglie al Corriere della Sera il primato di copie che deteneva dal 1904. Nel 1984 ne stampa mediamente 725 mila, le indagini le attribuiscono più di 3 milioni di lettori. Il ponte Gazzetta non è mai stato così affollato. Immaginate l’orgoglio del fu ragionier Bosisio.

BIBBIA E PAVONI

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La Gazzetta ha accompagnato i lettori dentro i ritiri delle squadre, nei villaggi dei campioni. Anche questa è una rivoluzione. Prima c’era solo la rubrica bagni e massaggi, bollettini militareschi di infortunati e allenamenti. Germano Bovolenta, cronista di razza, il più talentuoso cantore del Milan sacchiano, ha dato vita a un nuovo genere letterario, poi imitato da tutti. Ogni giorno regalava godibili squarci del piccolo mondo rossonero: Donadoni che giocava a biliardo, l’elicottero di Berlusconi che atterrava, la crostata del dottor Tavana, il cane lupo Max, le parole nella sala del caminetto, le treccioline di Gullit, i pavoni del bosco di Milanello che, se si avvicinavano o meno al laghetto, portavano più o meno fortuna… Un altro strappo elegante per portare i campioni ancora più vicini alla gente. Un altro passo nel solco tracciato da Palumbo e Cannavò. Una delle due strade maestre che ha portato la Gazzetta dello Sport nel cuore della gente: la sensibilità, l’umanità, il racconto fantasioso e appassionato. L’altra strada è quella della competenza tecnica, dell’analisi autorevole che negli anni ha orientato i giudizi, fino a fare della Gazzetta, nel sentimento popolare, la Bibbia Rosa. Per le firme calcistiche basti quella somma di Gianni Brera, penna letteraria, polemista unico, difensore, fino alla scazzottata in tribuna stampa, della tradizione pedatoria italica. Tra i nostri esperti di calcio più recenti, l’autorevole Lodovico Maradei che Gianni Mura in un’intervista candidò alla panchina della Nazionale, per la sua attrezzatura tattica. Un giorno Maradei stava camminando con Gianni Rivera verso la sede della Gazzetta, in via Galilei. Videro sulla porta il direttore Gualtiero Zanetti con Sandro Mazzola. Il Golden Boy suggerì di tirare dritto. Questo per ribadire che la Gazzetta è sempre stata la casa dei campioni. Un vero c.t., in realtà, è stato assunto dalla Rosea a fine Anni 60: Aldo Bardelli. Aveva fatto parte, con Novo e Copernico, della Commissione tecnica che guidò l’Italia al Mondiale brasiliano del ’50. Un vero c.t., il più rivoluzionario, continua a scrivere per noi: Arrigo Sacchi. È percorrendo queste due strade maestre, il racconto emozionale e la competenza tecnica, che la Gazzetta, sotto l’illuminata direzione di Carlo Verdelli, è arrivata a trionfare a Berlino nel 2006, insieme a Lippi e ai suoi ragazzi. Il 10 luglio 2006, all’indomani della vittoria sulla Francia, la tiratura della Gazzetta dello Sport straccia ogni record italiano precedente: 2.302.088 copie. “Tutto vero”. Campioni del mondo. Oggi continuiamo a battere queste due strade maestre, anche nel guado della digitalizzazione. Gazzetta.it può trasmettere 5 notizie di calcio in un’ora, altro che in un anno… Immaginate la gioia del fu ragionier Bosisio.

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