Il Cagliari non punge, Bremer sì: colpaccio Toro, Di Francesco traballa

Un colpo di testa del difensore al 76’ decide una partita molto intensa e poco spettacolare. Granata in controllo, sardi generosi ma poco pericolosi

dal nostro inviato Nicola Cecere

19 febbraio – CAGLIARI

Un colpo di testa di Bremer a 14’ dal novantesimo rilancia il Toro e affossa il Cagliari: la panchina di Di Francesco ora è a forte rischio. Il colpaccio granata viene legittimato dalla paratissima di Cragno su Belotti a 6’ dalla fine laddove i sardi non riescono a impensierire Sirigu nonostante l’ingresso dei carrarmati Cerri e Pavoletti per un 4–2-3-1 che diventa spesso un 4-2-4. Anzi è sempre Cragno in chiusura a impedire a Rincon il 2-0. Punizione che sarebbe stata decisamente eccessiva. E’ stata un battaglia, e il Toro ha saputo condurla con grande temperamento. I giocatori di casa sono usciti dal campo avviliti, la botta è stata in effetti tremenda. Ma c’è poco da recriminare, Sirigu ha dovuto neutralizzare soltanto una girata di testa di Joao Pedro al 13’ s.t., per cui al di là di una insistita offensiva, peraltro rintuzzata colpo su colpo, la squadra di casa non è riuscita ad andare. Questo anche perché la prestazione della difesa granata è stata encomiabile. Bremer su tutti, ma pure Nkoulou e Izzo non hanno fatto passare nemmeno i sospiri degli avversari. Davide Nicola può quindi essere orgoglioso del carattere che ha saputo trasmettere ai suoi: primo successo della nuova gestione dopo quattro pareggi.

IN BILICO

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Per Di Francesco si fa durissima. Le prime voci del dopo partita, tutte da confermare, parlano di una notte di confronto e riflessioni tra il tecnico e la società. Il presidente Giulini deve decidere se cambiare guida o confermare la fiducia all’attuale tecnico. E vista la parabola declinante del Cagliari si tratta di una decisione molto difficile.

LA PARTITA

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Cagliari-Torino si accende dopo 30’ di sterile battaglia a centrocampo, con gli attaccanti di entrambe le formazioni costretti spalle alla porta e quindi con i difensori in costante vantaggio nella lettura delle traiettorie di passaggi peraltro poco precisi. E’ il Cagliari a imprimere una sterzata quando i suoi centrocampisti, Nainggolan in testa, riescono a controllare meglio il pallone in modo da farlo viaggiare rasoterra. Due aperture consecutive per lo sgusciante Simeone vengono disinnescate in extremis da Nkoulou e Bremer (31’). Ma i sardi insistono con l’altro motorino, Marin, che va al tiro: alto. Il Toro replica con Mandragora da posizione defilata (esterno rete) e Joao Pedro svirgola la girata al volo in mezzo all’area, finché al 44’ l’esterno Lykogiannis mette dalla fascia un tiro-cross sul quale Sirigu deve esibirsi in tuffo per respingere. Di Francesco ha organizzato la sua squadra in maniera di difendere con cinque uomini e, grazie al movimento continuo sulle fasce di Lykogiannis e Zappa, attaccare con quattro centrocampisti più Nainggolan in posizione di trequartista. Di conseguenza Joao Pedro agisce da punta pura, mentre Simeone tende ad allargarsi a destra in maniera da offrire al Ninja l’opzione della percussione centrale. Mandragora, che ha un passo diverso, accusa due o tre volte il dinamismo dell’avversario, che alla vigilia veniva dato in dubbio causa sofferenza muscolare. Alla distanza, infatti, Nainggolan si spegne. E dinanzi a un avversaro diventato via via meno concreto, il Toro rimette la testa fuor dal guscio, guadagna campo, costringe i difensori avversari a respinte sempre più approssimative. Finché dal primo calcio d’angolo granata, Mandragora trova la parabola giusta per esaltare le doti in elevazione di Bremer, che si avvita anticipando Godin e gira imparabilmente nell’angolino. Il gol ha l’effetto di un tiro da tre punti del basket sulla sirena: il Toro può rifiatare.

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