Il 2018 in 10 momenti: ecco il bello del calcio

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Non è stato breve, ma siamo arrivati in fondo. Avevamo cominciato con George Weah che diventava presidente della Liberia. A 51 anni. Quindi, subito prima di compierne 52, disputava ancora una partita di calcio, in mezzo a giocatori in attività di servizio e, d’accordo, per nulla inclini a spezzare una gamba a sua eccellenza. Comunque è andato in campo, la sua Nazionale ha perso, 2-1 per la Nigeria, e Weah si è buscato settanta nove minuti di applausi. Quando è diventato presidente era gennaio. Poi siamo passati attraverso le elezioni italiane più dirompenti di sempre, un Mondiale arrivato benissimo alla fine senza di noi, i porti sbarrati, l’acidità da social a livelli di guardia, una lunga eclissi lunare, lunghe eclissi totali del cuore e vivaci risvegli di umanità. Scosse di terremoto, eruzioni, tsunami e tutto ciò che la condizione di esseri materiali ci costringe a sopportare.

E’ durato un anno. Tra poco si ricomincia. Palese il rischio di portarsi dietro nella memoria il brutto del la vita. Per esempio i grugniti vomitati addosso a Kalidou Koulibaly – e quelli analoghi rivolti ad altri giocatori neri – per di più in una sera maledetta da una morte per tifo, pure se tra le due storie non esiste collegamento al di fuori della stupidità. La zavorra non si può scaricare fuoribordo, purtroppo. Però c’è anche bellezza al mondo. E c’è bellezza nel calcio. C’è anche bontà. Facciamoci accompagnare nel 2019 da qualche esempio di tutto questo. A proposito: se ci definite buonisti ci date una medaglia.

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