Ibra l’ascensore, il Milan vola con lui e ora studia la fuga

Zlatan ha cambiato i rossoneri in campo e in classifica: il 1° posto rimane blindato

Come fa salire la squadra lui, nessuno. Perché Zlatan Ibrahimovic è quel giocatore per il quale il concetto di verticalità può essere esteso dal campo a ogni altro settore della vita calcistica di un club. Ibra moltiplica le magliette vendute ai tifosi e fa lievitare il seguito di una squadra intera sui social, ma ci sono esempi più calzanti e soprattutto più pesanti. Prendete rendimento e classifica del Milan: da quando c’è l’ “11” nel motore, la banda Pioli ha cambiato passo, ambizioni e prospettive. Tanto che adesso più il Diavolo corre e più chi sta dietro inciampa: dopo la frenata del Sassuolo di venerdì e lo scivolone di ieri dell’Atalanta, domani sera Ibra e compagni chiuderanno la quinta giornata ancora al comando della A. E ancora da soli. Con quale vantaggio sulle inseguitrici dipenderà dai risultati delle altre big e ovviamente dall’esito della sfida di San Siro con la Roma. E qui torna in gioco il peso del colosso con lo chignon, uno che più assapora incroci d’alta quota e più si esalta. Domani lo sarà in tutti i sensi, perché Ibra si troverà di fronte Edin Dzeko, gigante come lui (193 centimetri contro i 195 del rossonero) e leader carismatico, oltre che bomber straordinario, della Roma proprio come Zlatan lo è del Milan. Il faccia a faccia sarà un inedito: i due sono sulla scena dai primi anni 2000 ma non si sono mai incontrati.

le buone abitudini

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Zlatan, va detto, è un democratico del gol, non fa differenze tra neopromosse, ex squadre o avversarie di cartello. Quando vede giallorosso però diventa persino più spietato del solito: alla Roma ha segnato 8 gol in 12 occasioni di campionato − tra i giocatori attualmente in attività solo Cavani ha fatto meglio con 9 centri – e il conto sale a 10 centri con le sfide delle coppe. Zlatan ha colpito la Roma da ragazzo, ai tempi dell’Ajax, segnando proprio ai giallorossi il suo primo gol europeo a un’italiana, e poi è tornato ad azzannare la preda da juventino, da interista e naturalmente con la maglia del Milan: una doppietta per girone nella stagione del secondo scudetto sfiorato con Allegri, prima di traslocare a Parigi. L’ultima volta che la Roma si è trovata sulla strada del Diavolo, a giugno, Ibra è rimasto a guardare, ma l’effetto Z si è ugualmente propagato tra i fili dell’erba di San Siro: bastò il suo ritorno a Milanello, un mese dopo l’infortunio che aveva fatto tremare i rossoneri a ripresa post-lockdown appena iniziata, per caricare testa e gambe dei compagni e infondere un coraggio mai trovato prima. In quel 2-0 firmato da Rebic e Calhanoglu, Ibra ha visto sbocciare un Milan alla sua altezza. Adesso lo guida dalla vetta della classifica senza nascondersi: “Per lo scudetto si può, stiamo lavorando per questo”.

tutti più su

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Con lui il Milan è tante cose insieme: quando costruisce dal basso e gli avversari coprono tutti gli spazi, guadagna la profondità con un semplice lancio, appoggiandosi al suo strapotere fisico; ragiona in velocità quando Zlatan arretra e manovra da play offensivo per i partner d’attacco; diventa letale quando affonda nell’area avversaria. Da Leao e Saelemaekers fino a Brahim Diaz e Hauge, i fratellini hanno imparato a segnare quando il gigante non è in campo o se si prende una pausa, ma il peso del totem non cambia: Ibra incide sempre e comunque più di tutti. È stato così contro il Bologna e nel derby, uniche due apparizioni in questo campionato, sarà così ora che l’altitudine aumenta, c’è da scommetterci. Avete mai visto un gigante che soffre di vertigini?

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