Iaquinta: “Io, da campione del Mondo a vittima della giustizia italiana…”

Vincenzo IaquintaVincenzo Iaquinta

TORINO- E’ stata confermata la sentenza in appello, nell’ambito del processo Aemilia contro la ‘ndrangheta,  che obbligherà l’ex attaccante della Juventus Vincenzo Iaquinta a due anni di reclusione per detenzione illegale di armi,. Iaquinta, per difendere se stesso e il padre Giuseppe, condannato a 13 anni, si è affidato ad un videomessaggio sui social: “Fino a qualche anno fa ero un campione del Mondo, oggi con mio papà Giuseppe sono una vittima della giustizia italiana. Nella mia vita non avrei mai pensato di dovermi difendere da accuse tanto infamanti. Ascoltate le mie parole senza pensare al calcio. Non importa se io posso starvi simpatico o antipatico, ma pensate a un uomo, un padre onesto e innocente che viene accusato senza nessuna prova. Non lo dico io, lo dicono le indagini. Non mi arrendo a questa sentenza. Sono responsabile moralmente di difendere l’onestà di mio padre e per i miei 4 figli, che non possono vivere in un modo che si nutre di ingiustizia. Non mi sono mai sentito tanto solo e scoraggiato come in questo momento. Sono deluso perché per la seconda volta mio papà è stato giudicato da uomini che non si sono attenuti alla realtà dei fatti. Una volta si può sbagliare, due volte diventa accanimento giudiziario. Non si può distruggere la vita di una persona che non ha commesso ciò di cui viene accusato. Non posso esimermi dall’urlare l’innocenza di mio padre. Lo devo a lui, che in questo momento è impotente e sfiancato. Lo devo alla memoria di mia madre, che si è lasciata morire di dolore. Lo devo ai miei figli e a chi non ha voce, a chi finisce in questi guai giudiziari pur essendo innocente. Perché tanti non hanno il potere mediatico che può avere il mio cognome. L’informazione è importante, ma non può basarsi solo su un titolo per attirare l’attenzione. Va portato alla luce ciò che manca in questa sentenza, cioè una motivazione valida. Oggi sono stanco, le mie gambe non corrono più, ma è la mia testa a correre più veloce di loro, cercando una soluzione a questa situazione grave e infamante che ha coinvolto la mia famiglia. Non cerco pietà, miracoli e compiacenza, ma solo la verità e la giustizia. Mio padre è in carcere per errore, e finché non ammetteranno la verità, che lui è estraneo a questa accusa, la mia voce non smetterà di urlare la sua innocenza. Da ora io sono Giuseppe Iaquinta, nato a Cutro il 7 maggio 1957, condannato da innocente!”:

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