Cinque anni fa Riccardo Calafiori tornava in Italia. Era fine novembre del 2018, lui era stato quasi un mese negli Stati Uniti per operarsi dopo un drammatico infortunio che non solo gli aveva fatto temere di lasciare il calcio, ma anche di dover faticare per tornare a camminare normalmente. Una batosta enorme per un ragazzino di sedici anni di cui da almeno un paio si parlava benissimo a Roma e in Europa, tanto che Arsenal e Psg avevano mandato degli osservatori a monitorarlo. Quando, con il supporto di Mino Raiola, volò in America per operarsi da un luminare che aveva messo le mani anche su Ibrahimovic, Calafiori era sotto un treno. “Ma tornerò a giocare?“, era la domanda che ripeteva, ossessivamente, a tutti. Mamma, papà, sorella: era il suo chiodo fisso. Il medico gli garantì che sarebbe tornato in campo, ma non gli nascosero che avrebbe dovuto fare molta fatica. “Non mi spaventa”, disse. Con un coraggio che lo fece crescere in fretta, da un giorno all’altro. Oggi, che è uno dei migliori difensori del campionato, con vista sull’Europeo, chissà se Calafiori ripensa mai a quei momenti. Di sicuro non ci pensano a Bologna, dove se lo godono grazie allo straordinario lavoro di Thiago Motta. Magari ci pensano a Roma: è stato mandato in Svizzera, al Basilea, per un milione e mezzo più il 40% della futura rivendita. In tutto, quindi, a Trigoria sono stati incassati circa 3 milioni per la sua cessione, oggi ne vale almeno il triplo.
Calafiori, il soprannome “Ruspa” e i cinque anni per rinascere
Romano, cresciuto in zona piazzale degli Eroi, legatissimo ai genitori, alla sorella Rebecca e alla nonna Eleonora, venuta a mancare un paio di anni fa, 21 anni, fidanzato, seguito da Alessandro Lucci, Riccardo è soprannominato “ruspa” dalla famiglia, in particolare dal papà. Roma è casa sua, ce l’ha tatuata sul braccio e nel cuore. Sulla spalla ha un teschio, sul costato un frase di Ed Sheeran che dice: “Quando diventa difficile, sai che può risultare doloroso a volte“. Quando si fece male in Youth League contro il Viktoria Plzen, per un bruttissimo fallo, e si devastò il ginocchio sinistro, a Trigoria erano tutti choccati: da Bruno Conti, che lo aveva scelto, a Daniele De Rossi, che di Calafiori era prima idolo, poi capitano, infine amico. Persino la Figc chiamò lui e la sua famiglia, tanto era il timore di aver perso un prospetto per il futuro. Riccardo scelse di operarsi lontano da casa: Stati Uniti, in Pennsylvania, dopo alcuni dettagli burocratici da risolvere volò oltreoceano per la complessa operazione al ginocchio sinistro. Ad intervenire sulle articolazioni del ragazzo della Roma e dell’Under17 fu il professore che un anno prima aveva operato Ibrahimovic e di cui Raiola si fidava al 100%: Freddie Fu. Fu lui a spiegargli un concetto semplice ma fondamentale, che magari farebbe comodo anche oggi a tanti calciatori: “Non devi tornare il prima possibile, ma devi tornare nel miglior modo possibile“. Calafiori sapeva che il suo infortunio era più serio di una semplice lesione al crociato e si è messo sotto. La Roma, il Basilea, ora il Bologna: cinque anni dopo non è suo solo il presente, ma anche e soprattutto il futuro. Chissà se sul volo di ritorno dagli States ci avrebbe scommesso davvero.
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