Ho visto l’anima della Roma di Mourinho

Le ho visto l’anima. Nei contrasti e negli anticipi di Smalling, perfetto e sempre più insostituibile. Nella costante presenza e nella maturità tattica di Matic. Nella prepotenza fisica di Mancini e Cristante. Negli strappi di El Shaarawy, gran gol il suo. Nelle ripetute corse a vuoto di Dybala che in più di un’occasione ha dovuto risparmiare sulla luce. E nei corpo-a-corpo e nelle sgroppate a testa bassa di Belotti. Addirittura nei 60 metri finali di Karsdorp, per la prima volta positivo e centrato. Ho visto l’anima della Roma di Mourinho, ne ho ascoltato il rumore per 96 minuti: quell’insistito, straordinario incoraggiamento dell’Olimpico che ha emozionato a più riprese Zenga, seconda voce di Sky (opinione personale, Walter è il miglior commentatore tecnico in circolazione per proprietà di linguaggio, competenza e capacità esplicativa, ma non diteglielo). La Roma ieri è stata squadra, gruppo, forza: non ha permesso alla Real Sociedad di giocare il calcio che le è proprio e ha saputo colpire nei momenti giusti. Rui Patricio ha effettuato una mezza parata, osservato il pallone calciato da Kubo sbattere contro il palo e si è guadagnato la paga con un lancio lungo dietro l’altro. Attenzione, però: ho visto anche del gioco, uno stile, delle belle uscite rapide e precise, bellissima l’azione dell’1-0. Disagio, mai. Complicazioni, rarissime. E la Real Sociedad è roba seria.

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Serra, e l’immagine della classe arbitrale?

Il procuratore federale Chiné ha notificato l’avviso di deferimento a Marco Serra contestandogli le violazioni dell’articolo 4.1 (“i soggetti sono tenuti all’osservanza dei 3 principi cardine dell’ordinamento: lealtà, correttezza e probità”) e del codice deontologico dell’arbitro. Serra ha cinque giorni per difendersi oppure ricorrere al patteggiamento ottenendo la riduzione del 50 per cento della punizione. Sospetto da giorni che qualche suo collega gli abbia suggerito di non abbandonare la posizione iniziale (palesemente sbagliata). Se così fosse, Serra e il suo consigliere avrebbero fatto del male in primo luogo all’immagine della classe arbitrale. La versione fornita a Filippo Roma delle “Iene” è stata imbarazzante, anche perché l’arbitro torinese non ha tenuto conto dell’intervento del procuratore che in precedenza aveva ascoltato tutte le persone presenti al momento del battibecco con Mourinho tanto sul campo quanto, in seguito, nello spogliatoio di Piccinini. Ho conosciuto designatori arbitrali i quali, piuttosto che ammettere l’errore di un loro uomo, si sarebbero tagliati il dito di una mano. Prima Rizzoli e poi Rocchi hanno però cambiato registro privilegiando la sincerità, l’onestà. Con una discreta dose di sofferenza, certo. Se, invece di provare a convincerci delle proprie non-ragioni, Serra avesse detto “mi sono lasciato andare e mi dispiace, sono un uomo anch’io, ciò che conta è sempre la tutela dell’immagine degli arbitri”, tutto sarebbe finito a Cremona. E se non avesse dichiarato alle Iene di aver detto a Mourinho «hai tutto lo stadio contro, torna nell’area, torna nell’area», avrebbe evitato una doppia brutta figura. «Bisogna imparare a chiedere scusa. L’orgoglio ci intrappola, l’umiltà ti libera». Fabrizio Caramagna, notissimo aforista, è di Torino come Serra: la prossima volta gli telefoni, Caramagna dà consigli di vita brillanti e definitivi.


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