Harakiri Milan: match point fallito, la Champions si decide all’ultima

I rossoneri falliscono con il Cagliari la vittoria che avrebbe garantito almeno il 4° posto. Il destino del Diavolo si deciderà all’ultima giornata con l’Atalanta. I sardi festeggiano una salvezza che il Crotone gli aveva già consegnato nel pomeriggio

Ansia, tensione, braccino corto, preoccupazione, timore. Ogni concetto è valido per spiegare il suicidio del Milan che si ferma proprio sul più bello. Proprio quando non doveva. Proprio sulla palla del match point che avrebbe portato il Diavolo in Champions con una giornata di anticipo a distanza di otto anni dall’ultima volta. A San Siro contro il Cagliari invece finisce senza nemmeno un gol, dopo che nelle precedenti tre uscite ne erano arrivati dodici. Il rammarico è immenso, una secchiata d’acqua gelida, perché era davvero tutto apparecchiato: l’Atalanta vincente a Genova – per via di alcuni incastri – non lasciava dubbi aritmetici in caso di vittoria rossonera e il Cagliari era sceso in campo tre ore dopo essersi inaspettatamente scoperto già salvo grazie al pareggio del Crotone a Benevento. Doveva teoricamente essere festa per tutti e invece lo è stata solo per il popolo sardo. Il Milan lascia il prato del Meazza a testa bassa, incredulo per aver fallito quella che, a giudicare da quanto aveva mostrato nelle partite precedenti, pareva la più semplice delle sfide. Agevolata, appunto, da un avversario che improvvisamente non aveva più necessità di punti vitali.

Gli scenari

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Ci si chiede a questo punto il senso di un’impresa come quella di Torino con la Juve per poi ritrovarsi a dilapidare certezze e punti decisivi proprio nel momento di sferrare il colpo del k.o. Fase di crescita per una squadra molto giovane? A questo punto del campionato il concetto non sta più in piedi, proprio perché i rossoneri avevano già avuto modo di dimostrare la propria forza e maturità in svariate occasioni. Nulla è perduto, per carità. Ora è tutto rimandato all’ultima giornata, ma a differenza di questa volta il coefficiente di difficoltà si impennerà perché il Milan farà visita all’Atalanta. Mentre il Napoli se la vedrà col Verona e la Juve col Bologna. Insomma, è lecito pensare che per riabbracciare la Champions i rossoneri avranno bisogno di una vittoria. Anche se… la gara di stasera insegna che nulla è scontato. Festa grande pomeridiana invece nel ritiro del Cagliari, che pochi minuti prima delle ore 17 si è ritrovato salvo. Un party anticipato (“impresa indimenticabile”, ha twittato il presidente Giulini) che ha tolto un macigno dalla spalle della squadra e di Semplici (sì, la sua è stata davvero un’impresa per come ha rimesso in piedi i rossoblù). Anche in questa leggerezza mentale va ricercata una delle chiavi principali della partita.

Poca rapidità

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Pioli ha confermato l’impianto tattico e, nei limiti del possibile, gli uomini delle due partite precedenti (10 gol fatti, zero subiti), ovvero il gruppo che ha dato la spallata definitiva alla Champions. E cioè Diaz al centro del tridente, Calhanoglu allargato a sinistra, Saelemaekers rientrato dalla squalifica al posto di Castillejo e Rebic al centro dell’attacco. Così come la coppia centrale difensiva composta da Kjaer e Tomori. Semplici, dopo essersi ritrovato la salvezza fra le mani alle cinque del pomeriggio, in termini di formazione non si è fatto irretire dai festeggiamenti. E, con grande serietà, ha confermato l’undici che aveva in mente dal giorno prima. Affidando quindi l’attacco a Joao Pedro e Pavoletti, con Nainggolan mezzala, piazzando Nandez e Lykogiannis in fascia e preferendo Deiola a Duncan in mediana. Il fatto è che il Cagliari, oltre che negli uomini, si è confermato anche nell’atteggiamento apprezzato nelle ultime settimane. Brindisi, abbracci ed esultanze social sono rimaste in hotel e al Meazza è andata in campo una squadra concentrata e per nulla propensa a concedere la passerella europea al Milan. I rossoneri hanno affrontato i primi 45 con lo spartito consueto: una ragnatela fitta di passaggi con l’obiettivo di sfondare per vie centrali. Solo che il giro palla non è quasi mai stato sufficientemente rapido, cosa che ha dato modo al Cagliari di compattarsi senza grandi ansie: fase difensiva ordinata, linee strette, avversari respinti. L’ansia, semmai, ha iniziato a far compagnia al Diavolo col passare dei minuti assieme alla consapevolezza di non fare breccia nel muro sardo. Il Milan infatti si è ritrovato costretto a provarci più che altro da lontano. Prima con Saelemaekers (parata complicata di Cragno) e poi con Calabria (fuori di poco). Dopo la mezzora i rossoblù hanno anche iniziato a mettere la testa fuori dal guscio. Senza chiamare Donnarumma a interventi concreti, ma mettendo pressione al Milan con un paio di palloni molto pericolosi in area e con una spinta importante su entrambe le fasce.

Confusione

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La ripresa è iniziata con un cambio rossonero molto indicativo: fuori Saelemaekers, dentro Leao a sinistra. Ovvero con Calhanoglu dietro Rebic e Diaz spostato a destra. Avanti tutta. Forse fin troppo perché dopo i primi minuti a tinte esclusivamente rossonere, il Cagliari ha iniziato non solo a ripartire pericolosamente, ma a ricamare gioco nella metà campo altrui. E il Milan ha dovuto fare per l’ennesima partita un monumento a Donnarumma. Prima sul colpo di testa ravvicinato di Pavoletti e poi su quello di Godin. Due interventi decisivi, da fenomeno il secondo. Il problema più evidente del Milan? Nessuno in grado di prendersi la responsabilità di una giocata, di un dribbling capace di creare superiorità numerica. Colpe da dividersi soprattutto fra Diaz (poi sostituito da Castillejo), Calhanoglu e Rebic, confusionario. I trequartisti non si sono praticamente mai accesi, incapaci di cambiare ritmo e il vice Ibra ha pasticciato su tutti i palloni. Il passare dei minuti ovviamente ha annebbiato ancora di più le idee rossonere, trasformando il prevedibile assalto finale in una serie di attacchi poco lucidi. Palle scodellate in area sperando più in una deviazione o un episodio favorevole che in una giocata vera. Una scossa l’ha data l’ingresso di Castillejo, che però non ha trovato l’appoggio dei compagni di reparto. Leao? Non pervenuto, o quasi, ormai una triste costante. Il Milan rimanda l’appuntamento con l’Europa che conta, augurandosi che sia un rinvio di una sola settimana.

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