Halilhodzic, col Marocco è poker mondiale: qualificato con 4 nazionali diverse

Costa d’Avorio nel 2010, Algeria nel 2014, Giappone nel 2018 e adesso il Marocco. Re Mohammed VI l’ha chiamato subito dopo lo spareggio stravinto con la Repubblica Democratica del Congo. Il c.t. bosniaco al sovrano: “È una vittoria per tutto il suo popolo, spero che ne sia felice”

Un eroe dei due mondi, a tutti gli effetti. Tanto che, al fischio finale della partita con la Repubblica Democratica del Congo che ha sancito ha qualificazione del Marocco ai Mondiali, Vahid Halilhodzic ha ricevuto una telefonata direttamente da re Mohammed VI. Il sovrano si è voluto complimentare personalmente e subito. “È una vittoria per tutto il suo popolo, spero che ne sia felice” gli ha risposto il commissario tecnico, che non è nuovo a questo tipo di imprese. Anzi, è lo specialista per eccellenza. È l’unico infatti ad aver condotto al torneo più prestigioso del mondo quattro nazionali diverse: Costa d’Avorio nel 2010, Algeria nel 2014, Giappone nel 2018 e adesso il Marocco.

Paura e rifondazione

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Alla guida degli ivoriani, fu esonerato prima della rassegna mondiale, perché non aveva vinto la Coppa d’Africa. Un’edizione segnata dall’attentato subito dal Togo poco prima dell’inizio. “Drogba e Yaya Touré non volevano scendere in campo, avevano paura. Penso che fossero quasi sollevati per l’eliminazione. Li capisco, avevano ragione, ma a me è costato il posto dopo aver centrato una qualificazione eccezionale. Fu disgustoso: mandato via con un fax, senza che il presidente o il segretario si fossero degnati di dirmelo in faccia. I giocatori mi chiamarono dispiaciuti durante i Mondiali” racconterà in seguito Halilhodzic, rimpiazzato poi da Sven-Goran Eriksson. Arriva quindi in Algeria nel 2011 col compito di rifondare la nazionale e punta su giocatori del calibro di Slimani e Mahrez, non senza critiche all’inizio. Ai Mondiali riesce a spaventare la Germania che diventerà campione, portandola ai supplementari negli ottavi: “È un bel ricordo, ma anche uno dei miei più grandi rimpianti”. La prova offerta in Brasile vale l’acclamazione popolare e tanta soddisfazione.

Rottura e rinascita

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Com’era successo con la Costa d’Avorio, anche il Giappone interrompe i rapporti prima dei Mondiali. Il percorso di qualificazione è quasi perfetto, centrando l’obiettivo con un turno d’anticipo. Ma alcune fratture interne, rese più profonde da una sconfitta in amichevole con l’Ucraina, rendono impossibile “stabilire un rapporto di fiducia e comunicazione con i giocatori” come spiega la federazione giapponese, che decide di esonerarlo a tre mesi dai Mondiali sostituendolo con Akira Nishino. In Marocco il cerchio si chiude. Proprio lì è decollata la sua carriera di allenatore, quando nel 1997 vince la Champions League africana alla guida del Raja Casablanca. Un’occasione che lo ha salvato dalla rovina: “Non avevo lavoro e la guerra in Jugoslavia mi aveva portato via tutto (è nato in Bosnia, ndr). Michel e Hidalgo mi chiamarono proponendomi questa opportunità. Non conoscevo la realtà, ma ho scoperto un club straordinario”. Dopo una parentesi al Nantes nel 2018, che pochi mesi prima era allenato da Claudio Ranieri, viene chiamato dal Marocco con la solita missione. Prende il posto di Renard, unico a vincere la Coppa d’Africa con due nazioni diverse, Zambia e Costa d’Avorio. Nel torneo continentale viene eliminato dall’Egitto ai quarti di finale per la rete ai supplementari di Trezeguet (dove l’abbiamo già vista), ma non manca la qualificazione ai Mondiali.

Gli altri “eroi”

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Il nome di Halilhodzic entra di diritto tra quelli dei maestri di calcio alle latitudini più disparate. È il caso del serbo Bora Milutinovic, che detiene il record di squadre guidate ai Mondiali, ben cinque (di cui due ospitanti): Messico nel 1986, Costa Rica nel 1990, Stati Uniti nel 1994, Nigeria nel 1998 e Cina nel 2002, riuscendo a superare la fase a gironi con le prime quattro. Indimenticabili anche le imprese sul Pacifico dell’olandese Guus Hiddink, sulla panchina della Corea del Sud ai Mondiali del 2002 dove arrivò fino alle semifinali e su quella dell’Australia nel 2006, qualificandosi ai danni dell’Uruguay negli spareggi e arrivando secondo nel girone. Agli ottavi però incrocerà l’Italia, soccombendo solo nel finale grazie al rigore di Totti. Un momento chiave nel percorso che ci condurrà ad una vittoria epica, già così lontana.

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