Gravina: “No allo stop, ma c’è il rischio porte chiuse”

«Calcio al Covid, urge un rigore di Draghi», titolava ieri mattina Tuttosport nella pagina dei Tempi Supplementari. E in giornata Draghi si è metaforicamente presentato sul dischetto della Figc, consapevole di quanto Omicron sia l’avversario più infido che il calcio potesse incontrare in questo inizio 2022, fra calendari squassati, partite non disputate, muro contro muro Lega-Asl, protocolli, giocatori positivi, negativizzati, quarantenati o isolati. Alle otto della sera, dopo una giornata eufemisticamente intensa, Gabriele Gravina conferma la proverbiale sobrietà e fa il punto della situazione con l’aplomb che si confà al presidente della federazione campione d’Europa. Racconta: «La telefonata di Draghi è stata improntata al massimo pragmatismo. Non c’è stato nessun aut aut né tantomeno il preannuncio dello stop a ogni attività agonistica. Al Presidente del Consiglio ho illustrato la situazione del nostro calcio, alla luce della quarta ondata del virus. Il capo del governo non ci ha chiesto di fermare i campionati né tantomeno di proclamare una chiusura dei tornei a tempo indeterminato. Draghi ha voluto conoscere lo stato di un movimento che conta un milione di tesserati, è l’espressione di una fra le prime dieci aziende italiane, con un sistema professionistico che ha subito danni per oltre un miliardo di euro a causa del Covid. Di fronte all’incremento delle positività, La Lega B, la Lega Pro e i Dilettanti hanno già procrastinato i rispettivi tornei con una decisione saggia e tempestiva. In termini numerici, il più colpito dal contagio risulta essere il settore giovanile scolastico, la cui attività è stata sospesa».

I calendari

L’analisi di Gravina è dettagliata: «La questione più rilevante investe la Lega di Serie A. Ho spiegato al Presidente del Consiglio quanto i calendari nazionale e internazionale costituiscano l’ostacolo più difficile da superare poiché in giugno scatteranno gli impegni della Nazionale». Ricapitolando: il 22 maggio è la data stabilita per l’ultima giornata di Serie A; il 1° giugno, a Londra, si giocherà Italia-Argentina, la prima sfida fra i campioni d’Europa e del Sudamerica; il 4 giugno scatterà la Nations League (Italia-Germania); il 7 giugno Italia-Ungheria; l’11 giugno Inghilterra-Italia, rivincita della finale europea di Wembley; il 14 giugno Germania-Italia; le ultime due gare si disputeranno il 23 settembre (Inghilterra-Italia) e il 26 settembre (Ungheria-Italia). Ma, prima di maggio e giugno, l’Italia dovrà giocare i playoff per qualificarsi al mondiale Qatar 2022 (il confronto con la Macedonia del Nord è in programma il 24 marzo a Palermo; l’auspicabile sfida con la vincente di Portogallo-Turchia si disputerà il 29 marzo). Oltre a tutto questo, ci sono gli impegni di sei squadre italiane nelle coppe europee e già cinque incontri di campionato non disputati.

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Le porte chiuse

Il quadro esposto da Gravina a Draghi è stato preciso e realistico. Il presidente della Federcalcio sottolinea: «Come già accadde due anni fa, al tempo della prima e della seconda ondata, il Sistema Calcio ribadisce la ferma volontà di andare avanti, di superare i nuovi ostacoli che la recrudescenza del Covid sta frapponendo sulla sua strada. Esiste, evidentemente, il rischio che un ulteriore incremento dei contagi ci riporti agli stadi con le porte chiuse: è già avvenuto in Bundesliga, mentre in altri Paesi sono state adottate decisioni che hanno comunque imposto la riduzione del numero degli spettatori. Nessuno può prevedere con certezza l’evoluzione della situazione. Ciò che conta è mettere in sicurezza il nostro sport e, anche su questo punto, la condivisione con Draghi è stata totale». E la questione dei tormentati e tormentosi rapporti fra le Asl e le società? Nell’ultimo weekend abbiamo registrato addirittura gli interventi contraddittori di due aziende sanitarie locali della stessa città circa la positività e la quarantena di alcuni giocatori… Il galateo istituzionale impedisce a Gravina di entrare nel dettaglio della questione che ha portato la Lega presieduta da Paolo Dal Pino allo scontro frontale con le autorità sanitarie locali. Il presidente guarda avanti, alla sospirata, fatidica cabina di regia permanente per lo sport che dovrebbe vedere la luce lunedì 10 gennaio quando calcio, basket, volley, Governo e Cts siederanno attorno allo stesso tavolo. L’obiettivo preannunciato dalla sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, è riuscire finalmente a coordinare i rapporti fra le Asl e i club delle principali discipline professionistiche «per individuare le soluzioni idonee al fine di creare un comportamento uniforme delle autorità sanitarie locali. Vogliamo creare un coordinamento nazionale per uscire da questo stato di incertezza sullo svolgimento delle competizioni che sta arrecando un evidente pregiudizio all’intero comparto dello sport».

Meglio tardi che mai

Certo, sarebbe stato meglio se in materia di Covid e sport, Covid e calcio, la politica si fosse svegliata prima, anziché essere scossa dal suo torpore a causa del dilagare di Omicron; sarebbe stato meglio se il Palazzo fosse stato memore delle tergiversazioni, dei ritardi, delle meline che scandirono il suo stato confusionale ai tempi della prima e della seconda ondata pandemica. Meglio tardi che mai. E se Gravina e Dal Pino non avessero opposto la resilienza loro e del sistema, il calcio non sarebbe mai ripartito. Ricordarlo oggi è quanto mai doveroso per capire come andrà a finire.

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