Giampaolo ritrova il Milan: quei 112 giorni da big, finiti senza rimpianti

Sabato sera con il Torino il tecnico affronta per la prima volta i rossoneri dopo l’addio dell’8 ottobre 2019

Dalla campagna a New York. Questo è stato il Milan per Marco Giampaolo, sabato sera per la prima volta da avversario contro il club nel quale lavorò dal 19 giugno all’8 ottobre 2019: 112 giorni. La cima di una storia da allenatore, iniziata nel 2000 a Pescara come vice e proseguita in un saliscendi tra Giulianova, Treviso, Ascoli, Cagliari, Siena, Catania, Cesena, Brescia, Cremonese, Empoli e Sampdoria. Ritrovarsi al Milan, dopo 19 anni di lavoro, rappresentò lo zenit sfiorato quando, nel 2009, fu in corsa per la panchina della Juventus: un premio alla carriera e un metaforico risarcimento danni dopo l’illusione di un decennio anni prima.

La separazione

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A New York però puoi perderti. I grattacieli possono schiacciarti. In una megalopoli devi arrangiarti da solo: difficile, se non impossibile, trovare una mano disposta a aiutarti. New York non concede sconti. Non ti regala nulla: o vinci o perdi. Giampaolo si ritrovò fuori dopo una vittoria sul Genoa, ma anche dopo sette partite: tre successi e quattro sconfitte. Meno di quattro mesi, trascorsi sull’asse Gallarate-Milano, casa e lavoro, soprattutto il secondo. L’esonero non rappresentò una sorpresa perché dopo una vita nel calcio si diventa uomini di mondo, ma fece ugualmente male. La consapevolezza che in un grande club non esiste il valore della parola pazienza era ben chiara, ma ci sono stati casi, proprio al Milan, di tecnici difesi in nome dell’idea: Arrigo Sacchi, ad esempio, uno dei punti di riferimento di Giampaolo. Era un altro Milan, con una proprietà diversa, un progetto dichiarato, interessi precisi e una situazione economica florida.

Andare avanti

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Non è stato facile per Giampaolo mettersi alle spalle la delusione. Ma la vita non consente di fermarti e guardare indietro: devi prendere atto di quello che è stato ed andare avanti. I rapporti con l’ambiente rossonero sono ridotti all’osso: Paolo Maldini, Frederic Massara con il quale Giampaolo aveva giocato a Andria nel 1995-96 e poi le persone che dietro le quinte fanno di Milanello una struttura sportiva all’avanguardia pure in tempi di crisi: “In quei quattro mesi trascorsi quasi sempre le mie giornate nel centro sportivo. Ho incontrato e conosciuto tante persone perbene”.

Nessuna vendetta

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Il tempo che scorre diluisce le amarezze. Non ci sono vendette da consumare e neppure velenose rivincite da prendersi perché, nonostante tutto, aver lavorato al Milan rappresenta una splendida soddisfazione per un allenatore. New York può anche essere ostile e metterti alla porta. Ma in ogni caso ci sei stato: hai visto Manhattan e Central Park, hai camminato per le sue strade, hai ammirato le sue stranezze, hai respirato le sue atmosfere. Per qualche giorno, ti sei sentito persino un newyorkese. Poi sei andato via, ma non sei tornato in campagna. Il Torino, con la sua storia, non è mai un passo indietro.

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