Gatti: “Ho sofferto in cantiere. Ma ora punto Chiellini”

Il difensore del Frosinone faceva il muratore, ora vale 10 milioni e piace alla Juve: “Io so che cosa è la fatica”

Nicola Binda

22 dicembre – Milano

Ha lasciato Torino quando faceva il muratore, potrebbe tornarci per giocare nella Juventus. Federico Gatti è una delle rivelazioni della B: il Frosinone lo valuta 10 milioni e ha ricevuto l’apprezzamento bianconero (ma anche di Napoli, Bologna, Sassuolo e altri club di A). A differenza di Moreno Torricelli, che faceva il falegname e giocava in Serie D prima di andare a Torino, questo difensore centrale di 190 cm ha dovuto scalare tutte le categorie dalla Promozione per imporsi. Lavorando duro, sul campo e fuori, per una crescita esponenziale: è la risposta al calcio degli algoritmi, quello di chi va a cercare talenti negli angoli più sperduti del mondo senza accorgersi di quelli sotto casa.

Era dura la vita in cantiere?

“Molto. Ho lavorato anche ai mercati generali, poi ho fatto il muratore, il serramentista, o riparavo tetti. Mi alzavo all’alba, anche con il gelo: era durissima. Ma è stato molto formativo”.

La famiglia?

“Lavoravo e giocavo per arrotondare, poi quando mio padre è rimasto disoccupato è arrivata la spinta in più: aveva fatto tanti sacrifici per me e dovevo ricambiare. La famiglia è tutto”.

Lo dicono i suoi tatuaggi.

“Tutti per la famiglia, il percorso della vita. Sono figlio unico, io spero di farne tanti. Ho una fidanzata di Verbania che c’era già quando non avevo nulla, se arriverò in alto lo condividerò con chi c’era già prima”.

Promozione, Eccellenza, Serie D, Serie C e Serie B. Il prossimo passo è scontato…

“Manca la A, ma se ci penso rischio di abbassare la guardia e perdere concentrazione: non me lo posso permettere. Non mi interessa parlarne, davvero”.

Fa il difensore, ma da ragazzo giocava a centrocampo. E poi?

“A Pavarolo, in Eccellenza, sono finiti i soldi e così sono andati via tutti i giocatori: io no, perché volevo solo giocare. Così la società ha promosso la Juniores e, visto che ero il più alto di tutti, l’allenatore mi ha messo in difesa e mi ha cambiato la vita».

In campo lei non è proprio un agnellino: da cosa nasce questo carattere bello tosto?

“Ho preso da mio padre, e dalla rabbia che ho dentro. È una rivincita per me. Ho trovato porte chiuse, nei settori giovanili di Torino e Alessandria non ho avuto spazio. Voglio impormi”.

“Sarò l’ultimo a mollare” è il suo stato di WhatsApp.

“È il mio motto di vita, in campo e fuori: sono così. E mi impegno con Edu, una onlus che raccoglie fondi per lo sviluppo didattico di chi ha bisogno”.

Salendo di categoria i valori cambiano, eppure lei è sempre stato tra i migliori per rendimento: come si fa?

“Le differenze ci sono e sono enormi, io cerco di migliorarmi in allenamento, perché voglio arrivare ed essere qualcuno. La voglia di fare sacrificio non mi manca. E mi sono anche sorpreso da solo, non pensavo di avere un impatto così in Serie B”.

Il suo d.g. Angelozzi, che l’ha scoperta nella Pro Patria, dice di lei: “È un Chiellini con i piedi di Bonucci”. Esagera?

“Sì dai, sono paragoni azzardati… Come faccio a essere paragonato a gente così? Dopotutto ho solo fatto 16 partite in B… Però Chiellini è il calciatore a cui mi ispiro, per la sua mentalità: anche lui non molla mai”.

Sabato ha segnato due gol: le voci di mercato della scorsa settimana l’hanno caricata?

“A questo punto meglio sentirne più spesso! Scherzi a parte, ripeto: alla A non ci penso, non me lo posso permettere”.

Il suo agente Paolillo, quello che portò Kakà in Italia, e il figlio Dario cosa le consigliano?

“Mi dicono di dare il massimo in ogni allenamento, alle cose fuori dal campo ci pensano loro e Angelozzi. Sono tranquillo”.

Ma lei li vale 10 milioni?

“Sono tanti soldi… Se dicono così, vuol dire che credono tanto in me e mi fa piacere”.

Anche il suo allenatore Fabio Grosso partì dal basso ed è diventato campione del mondo.

“Magari facessi la metà di quello che ha fatto lui! Mi parla spesso, mi ha raccontato la sua esperienza, mi aiuta molto”.

Domenica a Pisa dovrà marcare Lucca, torinese come lei.

“Per me ogni partita è come se fosse una finale, trovo sempre attaccanti fortissimi e penso soltanto a non farli segnare e a vincere la partita”.

Ma quanti Federico Gatti ci sono nelle categorie inferiori?

«Tanti. Ma quello che ti fa emergere è la testa, non bisogna accontentarsi mai. Non basta giocare bene se vuoi crescere”.

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