Frosinone, Gatti: “Mi svegliavo alle 4 di notte per lavorare al mercato”

Nel centro sportivo del Torino c’era un ragazzino che si divertiva a fare finte e numeri con il pallone tra i piedi. Giocava nei Giovanissimi, si chiama Federico Gatti (nelle foto Frosinone Calcio). I dirigenti granata storcevano il naso: “Facevo troppi giochetti, ero quel tipo di giocatore che oggi vorrei affrontare per togliergli il pallone con soddisfazione – ci racconta Gatti nella nostra intervista – Non avevo la testa giusta”. A Torino gliel’hanno fatto capire mandandolo via, ad Alessandria se n’è accorto da solo: “Un giorno ho chiamato dicendo che non volevo più tornare, ho preferito ricominciare dalla Serie D per giocare con gli adulti. Lo trovavo più formativo”. Stop. Rewind. Federico riavvolge il nastro di una vita nella quale non si riconosce: “Ero l’opposto di quello che sono ora”. Felice, sorridente e contento per il suo primo gol in Serie B con la maglia del Frosinone, nell’ultima vittoria – la prima in casa – per 2-1 contro l’Ascoli. 

Come sta vivendo questo momento?
“E’ stato incredibile, ho provato un’emozione fortissima che a parole non riesco a descrivere. Penso che giocare in B sia il sogno di tanti ragazzi, io ho avuto anche la fortuna di fare un gol nella domenica in cui abbiamo vinto. Credo sia stato uno dei giorni più belli della mia vita”.

Tra i tanti commenti al suo post su Instagram dopo la rete all’Ascoli ce n’era uno di Zampano: ‘Ha perso la testa’.
“Me lo dice sempre, ma scherza. Abbiamo un bellissimo rapporto, ogni tanto mi punzecchia. Non perderò mai davvero la testa, perché ho ancora bene in mente la fatica che ho fatto prima di diventare professionista. Ora non mi posso accontentare di 10 presenze, voglio arrivare più in alto possibile”.

Quanti messaggi le sono arrivati dopo quella partita?
“Tantissimi, e ammetto che non sono una persona che guarda molto il cellulare: appena sono entrato nello spogliatoio non l’ho neanche visto, ho preferito festeggiare con i compagni. La telefonata più bella e importante però è stata quella della mia famiglia”.

Ci racconta cosa faceva prima di diventare professionista?
“Quando avevo 17 anni mio padre rimase disoccupato, così io ho abbandonato la scuola per andare a lavorare: facevo serramenti e murature, e mi svegliavo alle 3/4 del mattino per andare ai mercati generali ai mercati generali”.

Il calcio?
“Mi allenavo la sera dopo il lavoro. A 15 anni ero con gli Juniores ma andavo già in prima squadra in Promozione, poi ho giocato Eccellenza. Ma non potevo andare avanti così, nella mia testa scattò qualcosa”.

E?
“La svolta arriva nel 2017-18 nel Pavarolo, in Eccellenza. La società è indietro con i pagamenti, così i giocatori più esperti decidono di non presentarsi più né agli allenamenti, né alle ultime 10 partite di campionato. Io all’epoca ero una mezz’ala, l’allenatore mi chiede se voglio spostarmi in difesa perché ero il più alto della squadra. Accetto. E divento un difensore a tutti gli effetti”.

Poi?
“Mi sono trasferito al Verbania, che mi aveva visto perché giocava nel nostro stesso girone. Con loro ho fatto tre amichevoli che ho giocato come fossero finali: contro Como, Inter Primavera e Pro Patria. La Pro mi segue per un po’ e decide di portarmi in Serie C”.

In estate è arrivata la chiamata del Frosinone. Aveva altre proposte?
“Mi avevano cercato altri due club di B, ma ringrazio il direttore Angelozzi per la grande fiducia che ha avuto in me: mi aveva già cercato a dicembre, ma il trasferimento non si è concretizzato. Così qualche mese dopo ho mantenuto la parola data”.

Nel Perugia di Gaucci giocava un Gatti col numero 44, lei ha scelto il 6. Sta pensando di cambiare numero?
“In tanti quest’estate mi avevano detto di prendere il 44 per fare il gioco di parole, ma mi sono sempre rifiutato. Non lo farò mai. Per me il calcio è una cosa seria e voglio concentrarmi sul campo, non voglio perdere tempo a scherzare”.

Che tipo di allenatore è Grosso?
“Pretende tanto in allenamento, la settimana delle soste non ne parliamo… Mi dà sempre tanti consigli, per me che non ho avuto le basi sono fondamentali. E’ partito dal basso facendo la gavetta come me, arrivando a diventare campione del mondo.”

C’è chi l’ha paragonata a Chiellini.
“Non scherziamo, per me è un insulto a Chiellini. Mi fa piacere l’accostamento, ma mi sembra un po’ azzardato”.

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