Fifa, Uefa e Superlega: è un calcio che corre alla deriva

Super. Ormai non esiste altra parola nel calcio e nella mente dollaresca di chi lo organizza. Appena scongiurata la Superlega (non perchè mortificava l’aspetto sportivo, ragione che sarebbe stata più che sufficiente per farla saltare, ma perché sottraeva denaro alla Uefa), è partita l’organizzazione della Superchampions con la sua formula allargata. Più partite, più soldi. E siccome Infantino e la Fifa non possono essere da meno di Ceferin e della Uefa, ecco il Supermondiale per 48 nazionali e il Supermondiale per i club. E siccome Casini e la Lega non possono essere da meno di Infantino e Ceferin, ecco la SuperSupercoppa non più italiana (anche se la giocheranno 4 squadre italiane) ma araba (perché loro pagano, la vogliono in soggiorno e se la comprano). Questa SuperSupercoppa a 4 la fanno anche gli spagnoli, hanno detto. In effetti c’è sempre un Lucignolo da seguire, quando fa comodo. Davanti a tutto questo, ci sentiamo vecchi, superati, fossili in un calcio dove è impossibile riannodare il filo del valore sportivo, ormai in secondo, terzo, quarto piano. L’Inter è entrata nei quarti di finale di Champions, è una grande vittoria dopo anni di delusione, però per tutti (diciamo per troppi) l’aspetto più positivo è che questa qualificazione porterà 20 milioni di euro in più nelle casse nerazzurre. Ma secondo voi, quei tifosi interisti che sono rimasti fuori dal do Dragao nonostante il biglietto in mano erano andati a Oporto nella speranza che l’Inter guadagnasse 20 milioni o che, più banalmente, riuscisse a eliminare il Porto e continuare così la corsa in Champions?

Un calcio bulimico ed esagerato

Il calcio di oggi è una macchina veloce che stanno spingendo a una velocità insostenibile. È bulimico, è esagerato. È proiettato verso l’aumento smisurato degli introiti e non è in grado di frenare il proprio istinto onnivoro, quasi cannibalesco. Quei soldi che spingono la Fifa a portare il Mondiale in Qatar a metà stagione si possono trovare anche attraverso circuiti virtuosi, riduzione degli ingaggi stellari, investimenti nelle strutture e nei settori giovanili, ma tutto questo comporta lavoro, sudore, idee, sacrifici. È molto più facile tuffarsi nelle piscine di dollaroni del Qatar, molto più semplice attingere ai pozzi di petrolio. Non è un indirizzo nuovo per il calcio, è una deriva. Molti credono che il concetto del calcio che appartiene alla gente sia pura retorica. In realtà è la gente che paga abbonamenti salati alle tv, che a loro volta finanziano il calcio. Ma su un punto i padroni hanno ragione: questa gente non si stanca, continua ad avere fame di calcio, paga per vedere le partite in tv e riempie San Siro, l’Olimpico e altri stadi. E allora perché non approfittarne? Spingiamo al massimo, prendiamo i soldi dove sono, produciamo benessere (per noi stessi…). Se poi, come dice Gasperini, una squadra col bilancio in attivo deve giocare (e perdere) contro una squadra dal bilancio in rosso, chissenefrega. Andiamo avanti. Il calcio non è di tutti, il calcio è nostro, firmato Fifa, Uefa e Lega.

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