Felix, la follia ribelle di Mourinho

Il primo a non crederci è lui, Felix, mai così Felix. Cerca conferme e le trova nello stupore e negli abbracci dei compagni. La stilettata liberatoria dell’1 a 0 sembrava già troppo per la storia di un diciottenne che doveva ancora iniziare. Il Baby euforico, appena entrato, pazzo di gioia, che andava a cercare il suo Mou per improvvisare un amplesso di gratitudine a vista era la copertina di una partita che stava maledettamente somigliando all’ennesimo, maledetto incubo. Mancavano pochi minuti, otto, all’ennesima cronaca da depressione profonda, quando lo sconforto giallorosso, ieri più giallo che rosso, era una macchia pruriginosa dalla panchina al campo.

Ma non era finita. C’erano secchi di stupore e d’incredulità. Quando, a pochi secondi dalla fine, libero di testa e ispiratissimo di piede, Felix s’inventa una pennellata che se la fa Messi rispolveri il tema del marziano e celebri messe laiche. Troppo! Troppo per lui, per tutti e per lo stesso Mou che, con la sua invenzione (chi se ne frega se dettata dalla convinzione o dalla disperazione) stappava di colpo la sua cupezza incombente, lasciandosi pomiciare da cima a fondo. José e Felix, la nuova coppia di fatto. E sapete una cosa, se proprio volete sciogliervi in lacrime anacronistiche? Il baby Felix che dedica i suoi gol alla mamma rimasta in Ghana i suoi gol, masticando un inglese non fluido come il suo calcio, ma chi se ne frega.

Ci volevano due cose per sbloccare una partita che stava incollando la Roma ai suoi fantasmi, ritrovare il miglior Micki e un’invenzione spregiudicata, un azzardo, qualcuno dalla testa libera. L’armeno c’è, rimesso al centro del gioco, caspita se c’è. Quasi non ci si crede per quanto era svanito. Micki, splendido in ogni soffio del match, va giù come una spada sinuosa e cosa trova, cosa inventa? Lui, l’azzardo, il baby dalla mente libera e dall’amplesso incipiente. Afena-Gyan. La mente libera. Due nomi in uno che da ieri sera sgomiteranno a festa nell’immaginario romanista sempre pronto alla fiamma. 

Tre punti. Era tutto quello che serviva. L’occasione buona per rifarsi sotto lassù dove il mondo è più desiderabile oltre che respirabile. Ma non sembrava aria. La Roma si confermava una somma di malesseri. Una matassa di nodi. Ansie e timori alla vigilia. La terna da incubo, le due col Bodo e il Venezia, undici gol subiti e un punto, avevano tolto certezze, autorizzando il gioco preferito in città, quello al massacro. Si rischiava il peggio e quasi accadeva, il gol beffa del Genoa. Poi, Mou si ribella, ha uno dei suoi scatti folli, si volta, cerca e trova nel mucchio il suo bambino. Felix Afena-Gyan.

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