Errori e atteggiamento: Juve, alla radice dei 7 punti persi da vantaggio

La Signora senza vittorie dopo quattro partite per la prima volta dopo 60 anni: condannata per la terza volta dagli episodi e dal fatto che la squadra si abbassa troppo

Non è in sé il pari contro un’avversaria di vertice come il Milan, anche se in casa propria e contro un Diavolo rimaneggiato. E’ la classifica, che vede la Juve diciannovesima, penultima al pari col Cagliari. Sì, mancano 34 giornate, ma erano 60 anni che dopo le prime quattro di campionato la Signora non aveva ancora vinto una partita: prima di quel 1960/61 era successo altre due volte (55/56 e 42/43, ere geologiche fa), non è più successo dopo. E fa male perché di quegli 8 punti che, in attesa del Napoli, separano la Juve dalla testa del campionato dopo 360’ (praticamente due punti di ritardo accumulati a partita), sette Allegri li ha persi da situazione di vantaggio, più di ogni altro: due con l’Udinese dal 2-0, tre col Napoli da 1-0 e questi due col Milan da 1-0.

GLI ERRORI

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C’entrano gli errori dei singoli, anche stavolta, ma c’entra anche un atteggiamento che in questo inizio di campionato ha lasciato in balia degli episodi una Juve non capace di difendere un risultato né desiderosa di metterlo in sicurezza restando all’attacco. Gli errori dunque. Grande incornata di Rebic, ma praticamente nel deserto. Le immagini avevano appena fatto vedere Szczesny richiamare Rabiot sulla posizione giusta da tenere a zona al centro dell’area sul corner. Solo un paio di passi più in là, poco dopo, è arrivato il gol di Rebic, sfuggito con una facilità sorprendente a Locatelli. Non è Kean che di testa la butta verso la propria porta col Napoli, non sono i pasticci di Szczesny con l’Udinese e ancora col Napoli, ma se si decide di cercare il risultato alzando la trincea invece di attaccare poi ogni falla di quella trincea diventa decisiva.

L’ATTEGGIAMENTO

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Perché c’è anche l’atteggiamento. Concreta e cinica nel primo tempo, ma incapace di capitalizzare le occasioni di raddoppiare, nella ripresa Allegri ha visto la sua squadra abbassarsi finendo spesso per neanche più ripartire. Alla fine il possesso palla dice 55.8% Milan e 44.2% Juve, ma nel solo secondo tempo il fossato si allarga a uno schiacciante 62.7% a 37.3%. E sì che il calcio non lo vince chi tiene più la palla, ma conta anche dove: il gioco è stato per il 58% nella metà campo d’attacco del Milan e il 42% nella metà campo d’attacco della Juve, tenendo molto basso il baricentro (47,3 metri) e il recupero palla (30,2 metri). Colpisce. Eppure fino al gol il Milan aveva fatto un solo tiro in porta, ma senza un secondo gol per mettere in sicurezza il risultato (e con l’Udinese non era bastato neanche quello), ti esponi alla possibilità che un episodio possa cambiare la partita. Possibilità che in tre partite è diventata alta probabilità. Praticamente una regola.

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