È un calcio da crisi di nervi. Ma c’è chi lo fa per passione

Buffon, Fabregas, Pippo Inzaghi sono solo tre esempi…

Raccontiamo spesso di un mondo sull’orlo di una crisi di nervi, con dirigenti portati e quasi votati al litigio, piuttosto che alla costruzione di un progetto o di un sogno. Raccontiamo spesso di un mondo sull’orlo di una crisi economica, perché le scelte – di calciatori e procuratori – sono spesso orientate a realizzare un profitto.

Il massimo che sia possibile. E di presidenti che, invece di assicurarsi e assicurare un futuro, non hanno guardato mai all’orizzonte, fermandosi alla possibilità di realizzare – qualcosa di effimero – nell’immediato. Insomma di un mondo – quante volte è stato detto? – orientato a trasformare uno sport sempre e comunque in un affare, in un business. Poi però, mettendo insieme i pezzi quasi accessori di un puzzle e osservando l’attualità meno reclamizzata, ti accorgi che non è assolutamente così.

O comunque non è sempre così. La bellezza del calcio è sempre e comunque nella passione che questo sport meraviglioso è capace di trasmettere e trasferire. Anche, e soprattutto, in chi ha avuto già tutto ma non perde occasioni per rimettersi in gioco. Per sfidare se stesso. Prendete ad esempio Buffon, campione del mondo e per molti il più grande portiere della storia del calcio, almeno italiana, che preferisce rinunciare alla vetrina della Juventus, come è successo un anno fa, allontanando magari anche un futuro più comodo da dirigente, per continuare a giocare nel Parma. Per continuare a giocare. Che – come detto – vuol dire sfidare gli attaccanti rivali, ma soprattutto il tempo che passa e se stesso. Vuoi vedere che sono ancora all’altezza?

Prendete Cesc Fabregas, campione spagnolo del mondo e d’Europa, che decide di rimettersi in discussione nel Como, attratto secondo alcuni dalla bellezza di un luogo che ha incantato anche George Clooney, ma più probabilmente dalla voglia di scoprire se c’è ancora spazio nel mondo del calcio per una leggenda. Prendete Filippo Inzaghi, una carriera cominciata nel Milan, subito nel palcoscenico più emozionante e luminoso, prima di affrontare la realtà anche ruvida della panchina, che abbandona l’idea di mettersi in pausa – come lui stesso ha rivelato – per affrontare con grande entusiasmo una nuova avventura alla Reggina. Convinto da una società motivata, da una piazza competente e caldissima ma – come nei casi di Buffon e Fabregas – dalla passione per il pallone. Come si può farne a meno? Come si può dire no di fronte alla possibilità, all’offerta, di rimettersi subito in gioco? Insomma, abbiamo buone speranze e tanti motivi per credere che il calcio – con il suo amore genuino e spontaneo – sia davvero più forte di tutto. Anche di chi si ostina a raccontarci di un mondo fatto soltanto di interessi, soldi, plusvalenze ed ingaggi. A far muovere tutto è la voglia di esserci. Dei tifosi, sicuramente, che rappresentano il motore di tutto. Ma anche di chi, in campo, non smette mai di amare il pallone. Un gioco, uno sport, una passione, non solo un business.

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