Dybala e gli altri: Allegri punta su talento e qualità per cambiare la Juve

Nel finale Allegri ha puntato sull’argentino, su Chiesa ma anche sui brasiliani: superata l’emergenza, ecco la strada per non vivere solo di tenuta difensiva e andare oltre il “corto muso”

Nata nelle settimane dei cali di tensione che hanno compromesso il risultato col Milan e messo a repentaglio i successi con Spezia e Sampdoria, la striscia positiva della Juve (nove partite senza perdere, sei in campionato di cui quattro vittorie) ha affondato le radici soprattutto nella capacità di trovare in un periodo di assenze delle azzeccate soluzioni d’emergenza come l’attacco Chiesa-Bernardeschi e quell’istinto di sopravvivenza che ha cementato la necessità di ripartire dal darsi delle certezze difensive. La fine dell’emergenza con il ritorno degli assenti apre a questo punto per Allegri l’opportunità di cercare nella ritrovata profondità dell’organico quello scatto di crescita in termini offensivi e qualitativi che oggettivamente manca.

L’ULTIMA MEZZORA

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È questo il prossimo step evolutivo a questo punto necessario per una squadra che non può prescindere dalla tenuta difensiva ma per inseguire le proprie doverose ambizioni ora deve andare oltre, dando aria a una fase offensiva sgonfia che realizza poco perché produce poco. La strada la indica l’ultima mezzora con l’Inter, non perché in campo si sia visto chissà quale tiqui-taka e non solo perché lì si è riaddrizzato il risultato. Piuttosto perché è allora che, con l’eccezione di Cuadrado e Locatelli in debito d’ossigeno, è allora che Allegri all’inseguimento del pari ha messo in campo i giocatori di maggiore qualità. A partire dai suoi due uomini indubbiamente di maggior classe e impatto, rimasti fuori dall’undici iniziale.

LE DUE STELLE

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Che questa Juve non possa fare a meno di Paulo Dybala è nei fatti, quelli sanciti dal tecnico quando ha messo la Joya al centro del progetto sin dall’estate, ma dopo quasi un mese di assenza non c’era alternativa al metterlo a gara in corso per una questione di minuti nelle gambe. Che la Juve non possa fare a meno anche di Federico Chiesa lo ha ripetuto il campo, ieri come già nell’estate azzurra in cui l’ex viola ha scalato le gerarchie di Mancini dimostrando sul campo che non può partire dalla panchina. Qui l’alternativa di metterlo dall’inizio c’era, anche se vederlo fuori dai titolari di San Siro era già in vigilia un’eventualità contemplata non per ragioni tecniche ma per la gestione di un giocatore che “per costruzione” spende molto, che nell’emergenza è stato impiegato anche in posizioni diverse e che era stato titolare nelle ultime sei partite (tutte vinte).

Più qualità

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L’innalzamento del tasso qualitativo lo ha dato nel finale, più nel potenziale che nella crescita di gioco che comunque c’è stata, anche la coppia brasiliana il cui recupero è andato a braccetto fino a restituirli insieme prima dell’ultima sosta, Arthur e Kaio Jorge. Per entrambi Allegri ha avuto parole al miele: “Arthur è un giocatore straordinario. Ha una proprietà di palleggio importante, soprattutto quando c’è Dybala in mezzo”. E ancora: “È sveglio, a calcio sa giocare. Ha buona tecnica e credo abbia ottime possibilità di trovare spazio e di far bene, ha personalità. Poi è giovane e incosciente”. Al di là dell’assetto possibile per tenerli insieme tutti (magari senza Morata, ma con Cuadrado e Locatelli sì), un modo di stare in campo capace di andare oltre il corto muso non può che nascere da questi presupposti. Una Juve diversa è possibile, oltre che necessaria.

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