De Zerbi e Possanzini (Shakhtar) bloccati a Kiev: “Non potevamo lasciare la squadra. Ma ora aspettiamo che ci facciano partire”

Ci sono anche Davide Possanzini e Roberto De Zerbi tra gli italiani rimasti in Ucraina, Paese che sta vivendo ore di paura in seguito all’invasione russa di questa mattina. 

Ucraina, Davide Possanzini e Roberto De Zerbi bloccati a Kiev 

I due allenatori dello Shakhtar Donetsk sono bloccati a Kiev. “Alla prima esplosione la gente si è riversata per strada, è salita in macchina, per cercare una fuga e scappare da Kiev“, ha raccontato Davide Possanzini ai microfoni di Rete Sport. 

“Le nostre famiglie sono lontane e sono preoccupate per noi. Hanno paura. Ma devono stare tranquille, noi stiamo bene, abbiamo paura ma stiamo bene. Siamo chiusi in un albergo vicino all’ambasciata e aspettiamo che ci dicano cosa fare, come poter rientrare in Italia”.

Davide Possanzini e Roberto De Zerbi a Kiev: “Stamattina sembrava di essere in un film”

A Kiev, dove lo Shakhtar gioca le sfide casalinghe del campionato ucraino, questa mattina “sembrava di essere in un film. Uno di quelli che guardi al cinema e invece era tutto vero. Stava accadendo davvero. Poco prima delle 5 del mattino abbiamo sentito le prime esplosioni che ci hanno buttato giù dal letto. Abbiamo subito fatto le valigie, abbiamo lasciato gli appartamenti dove viviamo quando siamo a Kiev e ci siamo messi in macchina e abbiamo raggiunto l’albergo che la società ucraina ci ha messo a disposizione”.

Dal 27esimo piano del suo palazzo Possanzini ha visto “Una fila infinita di macchine, tutte che volevano andare in un’unica direzione, il più lontano possibile da Kiev e dai bombardamenti imminenti”.

De Zerbi e Possanzini contattati dall’ambasciata: “Ma non potevamo lasciare in Ucraina i nostri giocatori”

De Zerbi e il suo staff, composto da altri nove italiani, erano stati contattati dall’ambasciata italiana a Kiev nei giorni scorsi per rientrare in Italia ma, dicono adesso, “noi siamo persone serie, persone che avevano preso degli accordi, anche morali. La nostra squadra è formata anche da dei ragazzi di 18 anni che vengono dal Brasile, è composta da 13 ucraini: con che faccia potevamo andare via? Siamo rimasti per questo e non ci pentiamo di niente. Ora aspettiamo comunicazioni per cercare di prendere la decisione giusta senza correre rischi”. 

E sul come andare via, dicono: “Andare via in macchina? E la benzina? Qui è finita. Il confine con la Polonia è distante 700 km troppo. Aspettiamo con fiducia che l’ambasciata italiana ci faccia tornare a casa, dalle nostre famiglia. Qui non possiamo fare più nulla”.

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