De Laurentiis a Dalma: “Niente immagini allo stadio, la serie sul Napoli e Diego la faccio io”

Risposta del legale alla figlia del Diez e annuncio del presidente: “Stiamo registrando 30 puntate”

Maurizio Nicita-Filippo Maria Ricci

11 dicembre – Milano

Avevamo lasciato Dalma Maradona in attesa di una risposta di Aurelio De Laurentiis. La “Hija de Dios”, come il titolo del documentario che sta girando, ha chiesto via whatsapp al presidente del Napoli di farla entrare a filmare allo stadio intitolato a suo padre.

Nuovo no

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De Laurentiis non ha risposto direttamente a Dalma, che però ha ricevuto una mail: l’avvocato del presidente, Lorenzo De Sanctis, le ha confermato il diniego alla richiesta di ingresso allo stadio che porta il suo stesso cognome, giustificando il nuovo no con una trattativa in corso con una piattaforma internazionale per la registrazione di una serie. Pochi indizi. E poche parole, che però hanno preso forma quando ieri pomeriggio ha parlato De Laurentiis: “Abbiamo scritto e stiamo registrando 30 episodi, prodotti da una piattaforma internazionale, e riguarderanno la storia del Napoli a partire da Giorgio Ascarelli nel 1926 fino ai tempi nostri. Se non ci fosse stata la morte di Maradona avremmo già cominciato a girare”. Dalma ci è rimasta molto male, ma dall’Argentina hanno chiesto alla Bronx, la casa di produzione che si occuperà delle scene napoletane de “La hija de Dios”, di sondare il terreno con il Comune di Napoli, proprietario dello stadio. De Laurentiis ha anche annunciato che il 20 dicembre andrà alla Farnesina dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio per presentare l’idea dell’organizzazione di una partita annuale dedicata a Diego Maradona. La prima, idealmente il 24 maggio, giorno del compleanno di Aurelio De Laurentiis, sarà un Napoli-Argentina.

Quanti figli?

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Diego, Diego, sempre Diego. Film, serie, maglie, ricordi, omaggi, partite. Maradona è un patrimonio, e attorno alla sua figura è in corso una guerra di vari mondi. Al momento ci sono cinque figli riconosciuti, Diego Junior, Dalma, Gianinna, Jana e il piccolo Diego Fernando. Una richiesta di paternità negata a Magalì Gil, altre due in attesa, quelle di Santiago Lara e Eugenia Laprovittola, e la possibile incorporazione dei figli cubani, che inizialmente erano tre, i gemelli Joana e Lu e Javielito, e ora sono cinque visto che si parla anche di Harold e Johanna. La giudice che segue la successione ha dato tempo fino al febbraio del 2022 ai possibili eredi di farsi avanti.

Battaglia legale

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Questa dozzina di giovani tra gli 8 e i 35 anni hanno diritto, o lotteranno per aver diritto, alla spartizione del patrimonio di papà Diego Armando, attorno al quale è partito un complesso e intricato iter giudiziario che sta strozzando la battaglia per l’eredità Maradona. In campo un esercito di avvocati, e lo stesso giudice che si occupa della successione che è cambiato quattro volte perché i vari figli avevano presentato domanda di eredità in luoghi differenti. Ora almeno i cinque ufficialmente riconosciuti si sono riuniti sotto la guida di Sebastian Baglietto, storico legale di Claudia Villafañe, l’avvocato scelto dal giudice per curare la successione.

L’accordo

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Gli eredi, in attesa di capire forma, entità, geografia e dimensioni del patrimonio, hanno iniziato una guerra legale. Prima di addentrarci nei conflitti economici va citata la causa penale per negligenza legata alla morte di Maradona avviata contro l’entourage medico (sette persone fra medici e infermieri) che ha curato Diego nei giorni che hanno portato alla sua morte il 25 novembre 2020. In ambito finanziario, gli eredi contestano il contratto per la gestione dei marchi legati a Maradona (compresi i suoi soprannomi, tipo “La Mano de Dios”) e ai diritti d’immagine. Poche settimane prima della morte, Maradona aveva firmato un accordo con la Sattvica, una società gestita dall’argentino Matias Morla, avvocato e persona vicina a Diego sin dal 2012, e con l’italiano Stefano Ceci, da oltre vent’anni amico del Pibe e da tempo suo uomo di fiducia in questioni economiche e d’immagine, i cui interessi sono tutelati dall’avvocato Claudio Minghetti e dal professor Sandro Censi in Italia e dallo Studio Uckmar a Baires. Gli eredi hanno impugnato questo accordo e hanno intrapreso diverse azioni legali per bloccarne l’utilizzo.

Il marchio

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In Argentina hanno avviato una causa penale per circonvenzione d’incapace, procedimenti civili per la rescissione del contratto e una denuncia contro Morla per amministrazione fraudolenta. In Italia gli avvocati nominati dagli eredi, Francesco Caroleo Grimaldi, Antonella Tomassini e Federico Sinagra, hanno presentato una denuncia penale alla Procura di Napoli per truffa aggravata nei confronti di Ceci e una diffida in sede civile allo stesso Ceci e al Napoli per l’utilizzo del marchio Maradona: in entrambi i casi è tutto legato all’operazione commerciale che ha portato alla produzione della maglia che il club partenopeo ha usato per tre gare. A margine Claudia Villafañe e le sue due figlie, Dalma e Gianinna, hanno querelato Ceci per diffamazione presso la procura di Roma a seguito di un’intervista rilasciata a La Repubblica.

Botta e risposta

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In Italia la partita legale è appena cominciata, in Argentina va avanti da tempo e il risultato resta molto incerto. A La Plata il giudice incaricato per la successione il 23 novembre ha risposto affermativamente alla richiesta interposta da Ceci di poter continuare a gestire l’immagine di Maradona, un altro giudice a Buenos Aires 6 giorni dopo, pur dichiarandosi incompetente, sul tema ha dato ragione alla richiesta di sospensione avanzata dagli eredi. Ci vorranno mesi, forse anni, perché Maradona possa riposare in pace.

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