Dal Governo solo briciole allo sport: una scelta che non ha visione

Soltanto 100 milioni per e discipline sportive, che non possono essere trattate come la Cenerentola del mondo dello spettacolo

Solo le briciole. Il governo ha stanziato un miliardo e 600 milioni per sostenere le attività economiche in crisi e soltanto 100 milioni (di cui 50 di un fondo che già esisteva) andranno allo sport.
Troppo poco per quello che lo sport rappresenta. Immaginiamo la delusione di Valentina Vezzali, sottosegretario con delega allo sport, che ha giocato in pressing ma non ha trovato sostegno.

E dire che veniamo dall’anno più straordinario che si ricordi. L’Europeo di calcio degli azzurri di Mancini e i giorni d’oro dell’Olimpiade di Tokyo avevano unito e reso orgoglioso il Paese. Ma le scelte del governo, e le briciole concesse allo sport nel decreto “sostegni” di ieri ci fanno pensare che ci sia ancora un vecchio retaggio culturale, se non una sorta di pregiudizio nei confronti dello sport. Abbiamo l’impressione che una parte del consiglio dei ministri consideri ancora lo sport come un mondo dorato di atleti ricchi e privilegiati.

Ma è una considerazione sbagliata da cui dipendono scelte che non hanno visione. Lo sport e il calcio in particolare hanno a che fare con società che sono aziende. Coltivano i sogni dei tifosi, ma anche posti di lavoro, gestiscono strutture e organizzano eventi. Bene, questo mondo è stato messo in ginocchio dagli ultimi due anni di pandemia e fatica, terribilmente, a ripartire.

Il calcio, tra i mancati introiti dei biglietti, la svalutazione delle rose e la diminuzione dei ricavi, ha già perso oltre un miliardo di euro. Basket, volley e tutti gli sport che si disputano nei palazzetti vivono la peggiore crisi di sempre, perché i bilanci delle società poggiano soprattutto sulla biglietteria. Gli impianti in genere e le piscine in particolare vengono da due anni di sofferenza, almeno simile a quella dei teatri e dei cinema.

Nessuno vuole negare che il sostegno a cinema e teatro sia giusto e necessario, ma lo sport non può continuamente essere trattato come la Cenerentola dello spettacolo. Lo sport di vertice ci metterà molto tempo per recuperare. Uno studio dell’Uefa stima che i club della Serie A abbiano perso in questi ultimi due anni tra il 18 e il 25 per cento dei ricavi complessivi. E stiamo parlando di un’azienda che ha sempre dato un grande aiuto alla comunità nazionale. Soltanto di contribuzione fiscale e previdenziale diretta il calcio professionistico ha versato nelle casse dello Stato qualcosa come 12,6 miliardi di euro negli ultimi 12 anni. Un mondo che ha sempre fatto la sua parte con responsabilità come ha dimostrato riducendo la capienza degli stadi a 5000 spettatori. Pensavamo che il governo, lo stesso che aveva sollecitato una scelta di questo tipo, apprezzasse la scelta di buon senso e lo riconoscesse nel decreto “sostegni”. Non è così.

Tutto questo mentre la Francia, il Paese che ha già stanziato 8 miliardi (di cui uno per i club professionistici) ha deciso di ripartire al 100 per cento della capienza dal 2 febbraio.

Noi ci stiamo ancora chiedendo se tornerà dal prossimo turno il 50 per cento e se nei palazzetti (che cosa hanno di diverso da cinema e teatri?) si andrà finalmente oltre l’anacronistico 35 per cento di capienza.

Le strutture sportive hanno costi ormai insostenibili per i club che hanno avuto grossi cali nei ricavi. E, come sempre accaduto, quando fatica l’attività di vertice, che è la locomotiva, tutto lo sport di base ne risente. Qui sta la mancanza di visione di una scelta come quella di ieri. Non aiutare lo sport significa non aiutare il sistema Paese.

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