Nel 2012-13 indossava la maglia dei suoi sogni, ma non ha sfruttato l’occasione per le troppe… serate. Ha fatto comunque una bella carriera, ha vinto un Europeo e sconfitto il cancro. E a oltre 10 anni da quell’avventura a Milanello, sfida i rossoneri per batterli come a gennaio a Riad
Per raccontare tutta la sua storia ci vorrebbe un libro. Anzi, un altro libro visto che uno Francesco Acerbi lo ha già scritto per spiegare come ha vinto la partita più difficile, quella contro il cancro. Una malattia che ha combattuto con coraggio e che, per sua stessa ammissione, gli ha dato la spinta per diventare un uomo e un calciatore migliori. “Senza quel tumore – ha raccontato – non sarei quello che sono adesso”. E forse stasera non sarebbe a San Siro, titolare a 35 anni in semifinale di Champions League, con addosso la maglia dell’Inter. Se nell’estate 2012 gli avessero preannunciato cosa sarebbe successo quasi 11 anni dopo, sarebbe scoppiato a ridere e non avrebbe dato credito all’interlocutore (eufemismo). Allora era stato appena preso dall’a.d. Galliani per rinforzare la difesa di Massimiliano Allegri e aveva coronato il sogno di una vita, indossare la maglia della sua squadra del cuore. Ace era una persona profondamente diversa rispetto all’attuale: per sua stessa ammissione, l’uomo misurato di oggi era un ragazzo che, ferito dalla morte del padre di pochi mesi prima, pensava soprattutto a fare serate e a bere; che si sentiva già arrivato e aveva pochi stimoli. Il Milan lo ha perso in metà stagione (a gennaio è stato “spedito” al Genoa), ma in compenso ha avuto la forza di battere il cancro, di riconquistare la Serie A con il Chievo e il Sassuolo, di sfiorare il record di presenze consecutive di Zanetti in campionato, di farsi acquistare dalla Lazio per sostituire De Vrij e di vincere un Europeo con la maglia dell’Italia che aveva “assaporato” la prima volta da rossonero. Ora è all’Inter, la squadra che da giovane cuore milanista gli era forse meno simpatica e dei tifosi nerazzurri è diventato un idolo per la sua professionalità e per come ha saputo trasformare in applausi i pregiudizi estivi. Quelli che avevano accompagnato il suo sbarco alla Pinetina.
Giocatore chiave
—
Di questa Inter Acerbi è un giocatore chiave, uno di quegli acquisti low cost che, insieme a Onana e Mkhitaryan, ha cambiato la stagione di Inzaghi, il suo grande “sponsor”. Sulla carta era stato preso per sostituire Ranocchia e svolgere le funzioni del… sesto difensore. In realtà è diventato in fretta titolare e ha relegato in panchina De Vrij. Voleva dimostrare che chi lo aveva messo da parte alla Lazio si sbagliava e che aveva ancora molto da dare. Missione compiuta in pieno, tanto è vero che Marotta e Ausilio hanno dato mandato all’ agente di Francesco, Federico Pastorello, di trovare una soluzione con la Lazio per farlo restare alla Pinetina senza pagare i 4 milioni fissati per il diritto di riscatto. Finora ha giocato 41 partite ufficiali e soprattutto ha vinto, giocando bene, entrambi i derby nei quali è stato in campo: quello di Supercoppa a Riad e quello di ritorno in campionato. Gli interisti lo avevano accolto con diffidenza per colpa di quelle accuse “vergognose” (così le ha definite lui in un’intervista alla Gazzetta dello Sport) che gli erano mosse complice il sorriso successivo alla rete di Tonali in Lazio-Milan 1-2 nell’aprile 2022. A niente erano servite le sue spiegazioni: qualcuno aveva messo in dubbio la sua professionalità, adesso chiara anche a chi non lo conosceva. Il Leone, questo il suo soprannome, è uno che non molla mai e non regala niente. In questo 2022-23, poi, è molto simile a un uomo… in missione perché vuole dimostrare che la fine della sua carriera può attendere e che non è certo finito come qualcuno pensava nella Capitale. “Non sono qui per fare la comparsa” aveva detto a settembre. Promessa mantenuta.
Solo Inter
—
Stasera Acerbi sarà al centro del pacchetto arretrato e incrocerà Giroud, quasi suo coetaneo. Ha vinto il duello con il francese sia in Supercoppa sia in campionato, al ritorno, ma sa che in questa doppia semifinale di Champions sarà tutto diverso: la tensione sarà ancora maggiore e il margine d’errore minimo. In palio c’è la finale del 10 giugno a Istanbul, un traguardo che vale una carriera per lui che, nel maggio 2010, quando l’Inter alzava la coppa dalle Grandi Orecchie a Madrid, era nella seconda divisione della Lega Pro con il Pavia. Ora sarà tra i protagonisti indiscussi di un match che tutti vorrebbero vivere. Avrà addosso la maglia che un decennio fa considerava “sbagliata” e che invece adesso onora con prestazioni e comportamenti da professionista vero. Come per esempio le scuse rivolte sui social ai tifosi dopo gli errori commessi in Inter-Lazio 3-1. Un gesto non banale, da uomo vero.
10 maggio 2023 (modifica il 10 maggio 2023 | 16:38)
© RIPRODUZIONE RISERVATA