Da Rivera-Mazzola alle sfide Sacchi-Trap: quando in testa è derby di Milano

Negli Anni 60 Milan e Inter dominavano: le loro stelle erano simboli della città. Nel 2002-03 fu duello anche in Champions

Milano è tornata una città da bere, calcisticamente parlando, e pazienza se l’entusiasmo della gente non oltrepassa i muri delle case, che in questo maledetto periodo sono i veri confini del mondo. San Siro è vuoto, d’accordo, ma le emozioni rimbalzano dallo stadio alle strade, e da qui fino ai condomini e ai salotti dove i televisori accesi trasmettono le imprese di Milan e Inter e, se si chiudono gli occhi e si viaggia con la memoria e con la fantasia, ci si ritrova catapultati negli anni Sessanta, quando rossoneri e nerazzurri dominavano ovunque e Gianni Rivera e Sandro Mazzola erano qualcosa più di semplici e bravi giocatori di pallone: eroi per tutti, simboli dell’una e dell’altra parte.

Occhio alle sorprese

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Nel campionato 1960-61 Inter e Milan si disputarono il titolo d’inverno, proprio come oggi: lo conquistarono i nerazzurri, con tre punti di vantaggio sui rossoneri, ma alla fine lo scudetto se lo cucirono sulle maglie quelli della Juventus. E qualcosa di simile, cioè “tra i due litiganti il terzo gode”, accadde nel 1964. Il Milan volava, il Bologna di Bernardini non mollava e l’Inter, pur in difficoltà, si teneva alla portata della coppia di testa. I rossoneri e gli emiliani conclusero l’andata in vetta, e poi Bulgarelli e soci si fecero il regalo di una strepitosa vittoria a San Siro proprio contro il Milan. Sembrava imbattibile, quella squadra, e per fermarla dovettero tirare in ballo un’assurda questione di doping (poi dimostratasi falsa). Intanto l’Inter era risalita in classifica, aveva vinto lo scontro diretto a Bologna e, secondo una logica di compromesso tipicamente italiana, i nerazzurri e i rossoblù vennero “accompagnati” senza scossoni alla sfida finale, che fu lo spareggio dell’Olimpico. Bernardini sconfisse Helenio Herrera, che pochi giorni prima aveva alzato la sua prima Coppa dei Campioni al Prater di Vienna, e Bologna divenne il centro del calcio italiano. Nel duello tra Inter e Milan spuntò dunque la sorpresa che ebbe la forza e il merito di prendersi l’intero palcoscenico.

Rimonta

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Dopo aver sistemato in bacheca la Coppa dei Campioni e l’Intercontinentale, l’Inter aveva la pancia piena: un comprensibile rilassamento, nell’autunno del 1964, fu la causa dei risultati negativi tanto che il Mago molto si arrabbiò con i suoi ragazzi e suonò la carica. Alla fine del girone d’andata il Milan era primo con sette punti sull’Inter. Lì cominciò la grande rimonta, otto vittorie consecutive dei nerazzurri che conquistarono lo scudetto con tre punti sul Milan e Mazzola si laureò capocannoniere assieme a Orlando della Fiorentina. A completare una stagione magica arrivò anche la seconda Coppa dei Campioni, vinta a San Siro contro il Benfica di Eusebio. Altri duelli rosso-nerazzurri accesero gli anni Sessanta, ma fu nel 1970-71 che si consumò un’altra clamorosa rimonta. Il Milan dettava legge, vinse il derby e costrinse il presidente Fraizzoli, su consiglio (che era più di un consiglio) dei “senatori” nerazzurri, a esonerare Heriberto Herrera. In panchina fu chiamato Giovanni Invernizzi e fu lui l’uomo che ebbe il coraggio, la saggezza e la forza di tenere insieme un gruppo nel quale tanti, tantissimi erano i galli, e il pollaio davvero troppo stretto: Facchetti, Corso, Boninsegna, Mazzola… Fatto sta che, dopo aver visto il Milan festeggiare il titolo d’inverno, i nerazzurri ingranarono la quarta e riuscirono nell’impresa: scudetto con quattro punti di vantaggio sui rossoneri e Bonimba capocannoniere.

Sacchi e Trap

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Gli anni Settanta e gli anni Ottanta furono il giardino della felicità soprattutto per la Juventus e per il Torino, e Milano (sia Milan che Inter) visse nel calcio un periodo grigio che per molti aspetti era lo specchio di una città impaurita, prigioniera delle proteste, degli scioperi, della violenza. Sul finire degli anni Ottanta riapparvero le luci: il Milan di Sacchi, che incantò il mondo, e l’Inter di Trapattoni che nel 1989 conquistò lo scudetto dei record. E, di colpo, parve di essere tornati a vent’anni prima, quando Rivera e Mazzola facevano il bello e il brutto tempo: ora c’erano Gullit e Matthaeus, Van Basten e Serena, Franco Baresi e Bergomi, c’erano la zona e il pressing contro le marcature ferree del Trap. Per ritrovare questo dualismo al vertice della classifica si dovette attendere lo sbarco nel Terzo Millennio. Campionato 2002-03, per la precisione. Il Milan di Ancelotti vinse il titolo d’inverno davanti all’Inter di Cuper e poi regolò i nerazzurri pure nella famosa doppia semifinale di Champions (trofeo vinto a Manchester), ma lo scudetto, ancora una volta, grazie a un cammino non strabiliante ma regolare, se lo prese la Juve. Quando c’è da mettere d’accordo Milan e Inter, insomma, serve sempre l’intervento di un terzo incomodo.

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