Da Lippi a Sacchi, la carica dei c.t. per gli azzurri di Mancini

Quattro tifosi speciali fanno l’in bocca al lupo all’Italia, tra slanci di ottimismo e richiami alla prudenza

F. Licari e G. Longhi

11 giugno – Milano

Questa sera prende il via l’Europeo. Quattro c.t. del passato analizzano per la Gazzetta le condizioni dell’Italia di Mancini e dei suoi giocatori.

Marcello Lippi

“Con Barella e Immobile tutto è possibile”

Dove può arrivare l’Italia?

“Mi pare ci siano grande convinzione, autostima e qualità per raggiungere un gran bel risultato e non farsi mancare niente. C’è l’ambizione di andare in alto, ci sono basi solide. È diverso dal 2006, noi avevamo giocato altre partite prima del Mondiale, ma la realtà, lo dico e lo ripeto, è un’altra: l’Italia è una delle 4-5 squadre mondiali che, quando partecipa a un grande torneo, lo fa sempre soltanto per vincere, non per fare bella figura. Se poi avrà la fortuna che tutti i suoi giocatori siano al top, che la condizione sia ideale, allora niente sarà precluso”.

Chi sarà l’uomo decisivo?

“Di giocatori decisivi ne vedo due. Uno è sicuramente Barella, l’ho già detto, mi piace quello che fa, come gioca, come lotta. È un centrocampista dalla dimensione internazionale perché fa tutto quello che fanno i grandi del suo ruolo: attacca, difende, fa pressing, accompagna l’azione, tira da fuori, accelera, insomma è il prototipo del grande centrocampista internazionale. L’altro è Immobile: ho tanta fiducia in lui, e credo che sia arrivato il momento di riscuotere e a livello internazionale importante tutto quanto ha seminato in questi anni”.

Che giudizio dà su Mancini?

“Mancini ha fatto davvero tanto. Ha dato grandissima convinzione alla squadra, propositività, un gioco offensivo, fiducia nei giovani. Questa Nazionale sa di essere forte e, soprattutto, sa come si vince”.

Arrigo Sacchi

“Non chiediamo troppo, non siamo i più forti”

Dove può arrivare l’Italia?

“Spero vada il più avanti possibile, ma ci sono squadre sulla carta più qualificate. Abbiamo sempre la memoria corta: quante volte abbiamo vinto l’Europeo? Solo nel 1968. E gli ultimi risultati? Abbiamo saltato il Mondiale. E i club? Non vincono da undici anni… Perché allora la Nazionale dovrebbe vincere? Non chiediamole più di quello che può. Quando una squadra dà tutto quello che ha, ha già vinto”.

Chi sarà l’uomo decisivo?

“Decisiva sarà la squadra. Ancora oggi c’è qualcuno che oggi pensa che il calcio sia uno sport individuale, ma 1×1 fa 1, mentre 1×10 fa 10. Per esperienza e talento ci sono squadre più forti, ma il calcio è uno sport di squadra, di sinergie e collaborazione. Andremo avanti giocando da squadra. Oggi non è possibile avere giocatori che non siano polivalenti: tutti attaccano e tutti difendono, in spazi strettissimi. Poi dipende dall’atteggiamento: se si va in vantaggio e si arretra…”.

Che giudizio dà su Mancini?

“Sta facendo un lavoro enorme. Anche dal punto di vista storico. Nel 2016 con Conte siamo usciti, ma con dignità. Chiediamogli la dignità. La sua impresa e coraggiosa e innovatrice. Entusiasmo, modestia e intelligenza sono le nostre armi. Abbiamo fatto squadra due volte grazie agli effetti del pubblico ludibrio nell’82 e nel 2006. Cerchiamo di migliorare anche culturalmente. Dopo il Mondiale ’94 scrissi solo ‘grazie a tutti’, perché siamo andati oltre le nostre possibilità”.

Roberto Donadoni

“Gruppo vincente che ha forza e coraggio”

Dove può arrivare l’Italia?

“Difficile dire dove può arrivare l’Italia, ma il cammino fin qui è stato davvero ottimo. Adesso però è il momento cruciale, quello della resa dei conti. Ci sono nazionali più forti in assoluto e sarà un bel test. Ho visto un buon gruppo, un ottimo spirito di squadra, la sensazione è che quest’Italia possa giocarsela con tutte e possa arrivare in alto. Non so dire quanto in alto, ma non ci sono limiti”.

Chi sarà l’uomo decisivo?

“Non mi sembra ci sia un singolo che spicca sugli altri, semplicemente perché è il gruppo l’arma vincente di questa di questa squadra. Se proprio dovessi indicare un nome, be’, non si può negare che Barella sia quello che ha fatto progressi più notevoli. Ha dimostrato temperamento, coraggio, voglia, fisicità. Impressionante. L’importante è che non cambi mai il suo modo di essere e che questo suo contributo sia sempre collaborativo e al servizio della squadra, e non si trasformi in egocentrismo, ma non credo che ci sia questo pericolo”.

Che giudizio dà su Mancini?

“Mancini è l’allenatore e quindi il primo protagonista. Ha fatto tanto, è il capogruppo, il responsabile nel bene e nel male. Si devono a lui risultati, tipo di gioco, aspettative. Certo, le nazionali sono sempre legati alle annate, al parco giocatori, ma mi sembra che lui abbia fatto tutto molto bene e abbia anche investito sui giovani, lanciandone alcuni di grandi prospettive anche quando altri non ci credevano”.

Gian Piero Ventura

“Siamo da prime quattro e Mancini ha tanti meriti”

Dove può arrivare l’Italia?

“Sicuramente tra le prime quattro, poi dalle semifinali in avanti diventa molto difficile fare previsioni. Può accadere di tutto. In generale, sono convinto che l’Italia sarà una delle protagoniste dell’Europeo. La squadra favorita è sempre la Francia, che in questo momento ha qualcosa in più. Poi ci sono le altre: Inghilterra, Italia, Belgio, Germania. Ma l’Italia può fare molto bene puntando sulla serenità e l’entusiasmo che hanno caratterizzato la lunga corsa di questi mesi”.

Chi sarà l’uomo decisivo?

“L’Inghilterra ha Foden, la Francia Mbappé, il Belgio Lukaku tanto per citare tre giocatori importanti. Ma l’Italia ha la squadra, perché tutti i giocatori sono al servizio del gruppo. Questa striscia positiva ha confermato che siamo una squadra di club che casualmente gioca in un torneo per nazionali”.

Che giudizio dà su Mancini?

“Ha fatto un percorso straordinario, manca soltanto la ciliegina a una torta preparata con grande cura. Dopo aver toccato il punto più basso (la mancata qualificazione al Mondiale russo del 2018 proprio con Ventura commissario tecnico, ndr), si poteva solamente risalire, ma questo non era affatto facile né scontato. Mancini è stato bravo anche a lasciare tanti giovani che hanno fatto esperienza poco per volta e ora sono diventati i punti fermi della squadra. Mancini i meriti se li è guadagnati sul campo, con i fatti e non con le parole”.

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