Da Foden a Sancho, generazione Z alla prova: la newsletter dedicata all’Europeo

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8 giugno – Milano

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Ecco la newsletter di oggi.

E allora andiamola a vedere, questa famosa Generazione Z d’Europa al suo primo grande torneo di calcio. Quelli che se gli parlate di golden gol, non sanno cosa sia. Pensano a qualcosa che abbia a che fare con gli archeologi. Quando la finale europea del 2000 venne decisa a quel modo da Trezeguet a Rotterdam contro l’Italia, loro non erano ancora nati o non avevano più di 7 mesi. Saranno stavolta 37 in tutto: 15 del 2000, 8 del 2001, 11 del 2002, 3 del 2003.

Ventuno nazionali su 24 ne hanno chiamato almeno uno, il Galles ha esagerato con cinque. Le eccezioni sono la Finlandia, l’Austria e la Francia. Tutte squadre esclusivamente novecentesche. Non paia una stranezza, questa dei campioni del mondo. Avevano già vissuto qualche buco generazionale tra la coppia Pogba-Varane del 1993 e il Kylian Mbappé del 1998. Mascherano bene ma non avevano un nato nel Duemila nemmeno agli Europei Under 21 del 2019, quelli a cui l’Inghilterra portava Foden e l’Italia la coppia Tonali-Kean. Ci arrivavano dopo un vuoto di partecipazioni che durava da tredici anni. Che Deschamps si presenti anche stavolta senza un giovanotto, tutto è fuorché una sorpresa.

Il caso Francia

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Eppure gli Under 21 francesi con almeno un minuto in campionato sono stati quest’anno 48, con le eccellenze di Diop al Monaco e Camavinga al Rennes. In nessun Paese giocano di più. Gli italiani sotto i 21 anni in serie A sono stati 18, il più presente di tutti Emanuel Vignato, con 1193 minuti nel Bologna, una quota che in Ligue 1 non lo farebbe entrare fra i primi dieci. Gli inglesi sono stati anche meno, appena 17, ma Southgate ha messo quattro di loro nella sua lista: Jadon Sancho e Phil Foden a Bukayo Saka e Jude Billingham. I ragazzini tedeschi visti in Bundesliga sono stati un po’ di più, in tutto 23, e Löw ha colto il fiore di Musiala (in basso), nell’anno del ritorno dei veterani Thomas Müller e Mats Hummels.

Nemmeno un minorenne ai Mondiali 2018

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È abbastanza fatale che a distanza di cinque anni dall’edizione precedente, sia questo il primo Europeo per i Duemila. Al torneo del 2016 in Francia il più piccolo di tutti aveva la maglia dell’Inghilterra ed era Marcus Rashford (foto in basso), nato il 31 ottobre del 1997. Meno scontato è che due anni dopo non ci fosse neppure uno Zoomer ai Mondiali in Russia, dove nessuna nazionale ebbe l’audacia di portarsi un minorenne. L’Australia aveva il più giovane tra i convocati, era Daniel Arzani, l’unico della classe 1999, nato in Iran a gennaio, cresciuto a Sydney dopo essersi trasferito con i genitori all’età di sette anni.

Un 2001 l’ha avuto la Coppa America del 2019 (il giapponese Takefusa Kubo), quattro del 2000 e uno del 2001 si erano visti sempre due anni fa alla Coppa d’Africa (Mohamed Amissi del Burundi, Cheick Oumar Doucoure del Mali, Rodrigue Kossi del Benin, Edimar Vieira Cá della Guinea-Bissau) e tre del 2000 lo stesso anno in Coppa d’Asia (Mohanad Ali e Mohammed Dawood nell’Iraq, Khaled Mohammed nel Qatar).

I record da battere

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Fortemente a rischio quello di Jetro Willems , il terzino olandese del PSV schierato nel 2012 a 18 anni e 71 giorni dal CT Bert van Maarwijk dopo un solo anno in serie A. Tolse il record dopo ventotto anni a Vincenzino Scifo e può perderlo già nel week-end. Il portiere più precoce agli Europei è ancora lo spagnolo José Angel Iribar , che aveva 21 anni e 108 giorni nel 1964 contro l’Ungheria. Deve temere solo l’ucraino Anatolij Trubin.

Il più giovane a segnare è stato finora Johan Vonlanthen , svizzero, aveva 18 anni e 141 giorni nel 2004 in gol contro la Francia: cancellò così Wayne Rooney che alla partita precedente aveva fatto una doppietta proprio alla sua Nazionale. Nessuno è mai stato più piccolo di Renato Sanches in una finale, 18 anni e 328 giorni in Portogallo-Francia del 2016, mentre Pietro Anastasi ne aveva 20 e 63 giorni quando in finale fece gol contro la Jugoslavia nel 1968 a Roma. E nessuno da allora l’ha superato.

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