Da Calhanoglu alle fasce: tutti i nodi di Inzaghi prima del ciclo terribile

Squadra a due velocità: con le grandi fatica. L’allenatore è ancora a caccia di risposte

Il tempo e le domande, l’Inter viaggia a due velocità, non è ancora continua, ha picchi di rendimento che spingono gli allenatori avversari – ultimo De Zerbi – a dire “quest’anno è una squadra ancora più consapevole della propria forza” e bassi che qualche punto interrogativo lo stimolano. C’è un rendimento in campionato e uno in Champions, a giudicare dai risultati. C’è un squadra che quando l’asticella si alza – Atalanta e le due gare europee – non riesce a vincere e fa il pieno di rimpianti. Non c’è solo una chiave di lettura, però. Ci sono piuttosto tante spiegazioni possibili, sotto quell’ombrello che vale per tutti e dunque anche per Simone Inzaghi: il tempo. Siamo a 40 giorni appena di gare ufficiali: pochi, certo. Ma occhio al calendario, perché il prossimo blocco mette insieme in un mese partite che orienteranno la stagione. E allora vanno sciolti il prima possibile alcuni nodi ancora irrisolti.

Il Toro non è il giocatore di Inzaghi con più reti all’attivo. Ma è di sicuro l’attaccante che maggiormente orienta le sorti nerazzurre. Magari è uno step fisiologico, ma l’Inter è passata dall’essere Lukaku-dipendente ad appoggiarsi in maniera notevole all’estro del suo numero 10. Non si legge solo con i numeri, l’Inter ha vinto partite anche senza i gol di Lautaro, leggi Firenze. Ma è assai più facile che accada in Italia che in Europa, dove il livello si alza: se in Champions non decolla l’argentino, anche in termini di prestazione, l’Inter resta a secco di successi.

Il centrocampo Barella e Brozovic sono inattaccabili, per rendimento (l’italiano) e mancanza di alternative vere nel ruolo (il croato). Inzaghi deve trovare il terzo uomo. E non è un passaggio da poco. Nella Lazio le due mezzali erano Milinkovic e Luis Alberto, centrali nello sviluppo del suo gioco e nella rifinitura. Nell’Inter la casella sarebbe di Hakan Calhanoglu, che però non riesce a trovare continuità nelle giocate di qualità: è un qualcosa che si porta dietro dai tempi del Milan, adesso Inzaghi dovrà essere bravo a limare il difetto. Vecino ha altre caratteristiche, si è visto anche nella partita di Kiev. Vidal è oggi giusto un’alternativa, un jolly da giocare a partita in corso. Qui all’Inter servono anche gol: chi li può garantire, chi può regalarli a Inzaghi?

Inzaghi come Conte: può mai esistere un 3-5-2 vincente nel quale le fasce non siano determinanti? L’allenatore non ha ancora trovato il massimo rendimento sugli esterni. E di conseguenza neppure l’incastro migliore tra i 4 giocatori a disposizione. Dumfries vive una fase di inserimento fisiologica: anche Hakimi ha attraversato lo stesso periodo, ma Achraf a differenza dell’olandese aveva subito dato prove di forza in fase offensiva (basti ricordare i primi due match di un anno fa, Benevento e Fiorentina), salvo poi incappare in una crisi di rigetto. Perisic non è continuo, Dimarco il meglio sembra darlo quando è impiegato nei tre dietro, Darmian fa dell’affidabilità ma non dell’esplosività il suo punto forte.

Dura stabilire il confine in tema di carattere e personalità. Però è un fatto che l’Inter in Champions League faccia sempre fatica: è la quarta stagione consecutiva. Lo Shakhtar è una formazione complessivamente inferiore, in termini di valori assoluti, ma i nerazzurri hanno perso il duello sul controllo del match. Una scelta? Se così è stato, allora non si spiega perché sia mancata quasi totalmente l’idea di ripartenza. In ogni caso, la tendenza è netta: Real Madrid, Atalanta e Shakhtar Donetsk, in nessuna delle tre partite l’Inter ha avuto il possesso palla maggiore. Dopo il Sassuolo sarà tempo di sosta. Poi sarà il tempo degli esami veri: in un mese Lazio, Juventus, Milan e doppia sfida decisiva contro lo Sheriff. L’Inter deve diventare grande, deve darsi qualche risposta e capire adesso come crescere.

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