Da Blissett a Morrison, le meteore inglesi del nostro campionato

Beckham e Platt, Hitchens e Ince, Gascoigne e Smalling. Non solo big: c’è una serie di giocatori che non ha certo lasciato un ricordo indelebile…

Francesco Pietrella

10 luglio – Milano

Inglesi d’Italia. Beckham e Platt, Hitchens e Ince, Gazza e Smalling. Non solo big, però: ricordate Ravel Morrison? Per Ferguson era il “16enne più forte del mondo”. Oggi ha scelto di rappresentare un’altra nazionale. E ancora Lee Sharpe, “il serpente” Bothroyd e Micah Richards. Ecco le meteore inglesi in Serie A.

Ravel Morrison

Chi ci crede ancora?

Premessa: oggi non gioca più per l’Inghilterra. Nel 2020 ha scelto la Giamaica e ha collezionato tre partite. Ai tempi della Lazio, però, era arruolabile per i Lions. Quindi eccolo qui. Ne parlavano così. “Morrison è il sedicenne più forte del mondo”. “Più talentuoso di Pogba”. Alla voce “carriere buttate” c’è anche il suo nome. Ravel è rimasto senza squadra a 28 anni e di sicuro stava meglio da ragazzino. Flashback, 2010: primo contratto da pro, esordio con lo United, campione della FA Youth Cup insieme a Pogba e uno sponsor not bad, Sir Alex. “Diventerà un campione”. E invece no. L’ultima toccata e fuga dice Olanda, Ado Den Haag, 4 partite prima dei saluti. La colpa è sempre degli altri. “Non gioco alla Lazio? Chiedetelo a Pioli”. O magari a Tare, uno dei pochissimi ad averci creduto fino alla fine: “Morrison è un talento, ma è pazzo”. Se non è diventato qualcuno è solo colpa sua. “Spesso mi trovavo nel posto sbagliato e con la gente sbagliata”. Negli anni ne ha combinate così tante che si è perso il conto: aggressione, disturbo della quiete pubblica, risse, brutte amicizie, liti, furti. Allo United rubò gli scarpini di Rio Ferdinand e Rooney per far mangiare la famiglia. Fantasista di qualità, stella di allenamenti e ritiri, pre-season e amichevoli. Il suo rapporto con i club dura il tempo di una cotta estiva: United, West Ham, Qpr, Lazio, Atlas, Birmingham. Ad Auronzo sparì dai giochi dopo un cucchiaio contro la Spal. Negli ultimi 5 anni ha giocato 55 partite. Due anni fa ci ha scommesso lo Sheffield, ma è durato sei mesi. Ancora meno in Serie A: 4 partite. Goodbye Ravel.

Jay Bothroyd

“Serpente” senza morsi

Serse Cosmi lo accolse così: “Si muove come una gazzella e somiglia ad Adriano”. Qualcosina c’era: rapido, veloce, qualche guizzo in Premier con il Coventry. Durerà un solo anno, 7 gol a Perugia e poi di nuovo Inghilterra, casa sua, lasciata nel 2014 per girare l’Asia. Jay Bothroyd gioca in Giappone ed è la punta del Sapporo. Altri mondi. Accanto alla carriera da attaccante ha fondato un’agenzia immobiliare, e a giudicare dalle storie Instagram suo figlio tifa Italia. Maglia azzurra, numero 10, domenica sarà un derby speciale. Il talento c’è sempre stato, la voglia no: “Mi impegnavo solo col pallone tra i piedi”. Caratterino un po’ così, escluso dalle giovanili dell’Arsenal per un’arrabbiatura di troppo, il soprannome di “serpente” portato anche in Italia. “Sono sempre stato un tipo nervoso”. Infanzia tosta, brutte amicizie, Bothroyd ha visto gran parte dei suoi amici finire in carcere. “Il calcio mi ha salvato la vita”. Perugia, in fondo, resta un bel ricordo. Una quarantina di partite nel 2004-05, 7mila euro di bolletta del telefono e un matrimonio finito bene grazie al figlio di Gheddafi: “Chiedeva consigli sulle punizioni a Maradona, come personal trainer aveva Ben Johnson”. Pare che a gennaio quell’anno Gaucci abbia rifiutato un’offerta dell’Inter. Lui non la prese bene.

Ashley Cole

Vedi Roma e te ne vai

Così forte, così oscuro. Terzino top con un passato ombroso: dieci anni fa sparò allo studente Tom Cowan con un fucile ad aria compressa. Era al Chelsea per lavoro, mentre Ashley solo voleva divertirsi. Nel 2009 insulta un agente fuori da un pub, e sempre nello stesso anno si becca una multa per eccesso di velocità. Il suo amico Pennant, poi, ha raccontato di quando lui e Ashley facevano sesso a tre con una ragazza “dandosi il cinque” durante l’atto. “Ogni tanto facevamo una pausa per il tè e poi ricominciavamo”. In fondo la tradizione si rispetta sempre, in ogni momento. Nel 2004 si è sposato con la cantante Cheryl Tweedy, ma dopo qualche tempo hanno rischiato la separazione per delle presunte relazioni di lui… con altre due donne. Dopo aver vinto tutto tra Arsenal e Chelsea ha scelto la Roma: 16 partite nel 2014-15, niente da segnalare. Nel 2019 ha chiuso la carriera al Derby County con l’amico Lampard in panchina. Oggi fa il dirigente.

Joe Hart

Il declino del numero 1

I suoi Italia-Inghilterra non l’hanno mai visto protagonista. A Euro 2012 provò a infastidire Pirlo prima dei rigori, pessima idea. Cucchiaio di Andrea e frecciatina in sala stampa: “Dovevo fargli abbassare le ali”. Due anni dopo, in Brasile, insultò un giovane raccattapalle per avergli restituito il pallone in ritardo in occasione di una rimessa dal fondo. Quel giorno fu bucato da Balotelli e Marchisio (anche se quel Mondiale finì male sia per noi che per gli inglesi). Titolare del City di Mancini campione d’Inghilterra (2013), dopo aver lasciato la casa madre ha fatto il titolare solo a Torino, 36 partite nel 2016-17 con Mihajlovic (62 gol subiti). Primatista del City nelle competizioni europee (62 presenze), 34 anni, 10 partite nel Tottenham nell’ultima stagione. Mai più titolare dopo Manchester.

Franz Carr

Vino rosso e cross sbilenchi

A Nottingham aveva un coro tutto suo: “Ooh Ahh Franzy Carr…”. I tifosi dello United lo dedicheranno a Cantona. Sprinter mancato, uomo di corsa e scatti prestato al pallone. In Premier ha fatto benino, in Italia non si è visto quasi mai: 6 presenze con la Reggiana di Lucescu e Francesco Oddo nel 1996-97. L’ultima in una sconfitta per 6-1 contro la Lazio. Il manifesto di cos’è stato Carr. Preso come esterno d’attacco, grande corsa e scarsa tecnica, i giornali dell’epoca lo definirono un jolly offensivo. In realtà è stato tutt’altro. Pare che l’unica cosa che gli interessasse davvero fosse il cibo. Lambrusco e tagliatelle erano un must di casa Franz, che definì il calcio inglese come “noioso e ripetitivo”. Bollato come bidone, dopo un paio d’anni dall’addio all’Italia si sfogò così: “Non sapete chi è il vero Carr”. Cento metri in meno di 11 secondi e una sfilza di cross sbilenchi. Dopo aver smesso col calcio ha fondato un’agenzia di procuratori.

Lee Sharpe

Il talento fregato all’alcool

Al posto di Ryan Giggs giocava lui, il pupillo di Sir Alex, prima terzino e poi ala sinistra, fregato dall’alcool e dalla ricerca della bella vita: “Una volta sono rimasto sobrio per tre giorni. Ho iniziato la preparazione e sono arrivato terzo alla prima sgambata”. Lee Sharpe è stato un’icona del british football. Quasi dieci anni allo United, una ventina di gol e un’esultanza iconica, “Sharpey shuffle”. Usare la bandiera del calcio d’angolo a mo’ di microfono e dimenarsi come Elvis Presley. Sharpe era la stella dei Red Devils, ma una meningite virale l’ha messo k.o. nel 1992. Una volta tornato il suo posto era occupato da Ryan Giggs, senza contare Beckham: “Già all’epoca spendeva tra 50 sterline per un taglio di capelli”. Nel gennaio del 1999 segue il consiglio del suo amico Platt e sbarca alla Sampdoria. Tempo due mesi e l’inglese viene esonerato. Al suo posto Spalletti: “Disse che non mi conosceva, e che avrebbe usato solo i suoi giocatori”. Sei partite, nessun gol, nessun guizzo, sei mesi a Genova e arrivederci. Dopo aver giocato anche in Islanda ha detto basta. Oggi è una mezza star: golfista amatoriale, ex testimonial di casette da giardino, reality a pioggia, un concerto con i Kasabian, un po’ di equitazione e tanta tv.

Micah Richards

Il declino del golden boy

Altra carriera strana. Prima enfant prodige, difensore di talento, il “center back” più giovane ad aver mai esordito con l’Inghilterra (nel 2006 contro l’Olanda a 18 anni), 5 trofei con il City e una Premier vinta con Mancini. “Mi voleva la Juve, ma lui si oppose alla cessione”. Nel 2019 si è ritirato a 31 anni per problemi fisici. Nel 2014-15 una piccola tappa nella Fiorentina di Montella. La Viola arriva quarta, lui gioca solo 19 partite (10 in Serie A). Nel suo c.v. una lite con Balotelli ai tempi di Manchester – “uno dei ragazzi più buoni che conosco” – e una frecciatina a Montella: “Pensavo sapesse l’inglese. E invece le traduzioni erano sempre così. ‘Tu, giocatore… tira!’ Avrebbe potuto migliorare”. Tredici partite con l’Inghilterra, nel 2012 ha partecipato anche all’Olimpiade.

Luther Blissett

Quanti gol sbagliati…

Per i tifosi del Watford è ancora “Black Flash”, il lampo nero. “Erano colpiti dalla mia velocità e dalla prontezza nel tiro”. Per i milanisti, invece, è stato l’inglese scoordinato che sbagliava una sfilza di gol facili. Un anno in rossonero, stagione 1983-84, Castagner e Galbiati in panchina. Solo 5 gol e ritorno al Watford in estate, dove ha segnato 149 reti in 415 partite. Si presentò sfidando Platini – “Segnerò più di lui!” -, ma la storia ha detto altro. Dopo aver tentato la carriera di allenatore ha provato a buttarsi nel mondo dei motori: nel 2010, insieme a John Barnes e a Les Ferdinand, ha fondato la Team 48 Motorsport. L’obiettivo era correre la 24 ore di Le Mans, ma il progetto non ha mai visto la luce. Oggi ha aperto un pub a Londra e commenta la Serie A in tv.

Precedente DIRETTA BARTY PLISKOVA/ Finale Wimbledon 2021 video streaming tv: l'albo d'oro Successivo Tardelli: "Possesso veloce e super Barella, li battiamo così. Immobile? Lo aspetto"

Lascia un commento