Cuadrado, i primi gol quando più serve: “Già che non c’era Cristiano…”

Il colombiano ha un debole per l’Inter: Ha deciso col rigore conquistato, aveva già messo la firma col gol dalla stessa posizione della traversa col Porto: “Quando arrivo lì cerco sempre l’assist, invece…”

E’ da inizio anno che Juan Cuadrado bussa alla porta del sancta sanctorum dello spogliatoio, reclamando a suon di prestazioni quel posto da senatore che aveva provato a ritagliarsi anche nella notte dell’eliminazione di Champions col Porto come unico veterano andato davanti ai microfoni a metterci la faccia. Notte in cui, ricordiamolo, nell’eterno gioco dei se e dei ma, al 93’ proprio lui si accentrò dalla destra e stampò sulla traversa il tiro della disperazione che, pochi millimetri più giù, avrebbe significato il 3-1 e la qualificazione. Realtà parallele. Il successo 3-2 sull’Inter che tiene accesa per la Juve la fiammella di speranza di tornarci, in Champions League, ha il volto, la gamba, il piede e il sorriso di Juan Cuadrado.

GOL (E ALTRO)

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Al colombiano non manca certo il senso del dramma: quest’anno non aveva mai segnato, ultimo gol a luglio scorso al Toro, ma un derby l’aveva già deciso con un gol al 90’ nell’ottobre 2017, e in sei anni di Juve fanno parte della sua galleria anche una rete al Bayern in una serata che finì male e il gol che decise Juve-Inter del febbraio 2017. I nerazzurri, a cui è il primo bianconero dal 2000 (Kovacevic) a segnare una doppietta, sono la sua vittima preferita: è il quinto gol che segna all’Inter, più che a chiunque altro, di cui quattro da fuori area. Il suo habitat naturale è un altro, la fascia, dove è stato con pochi altri (Chiesa, Danilo) tra i migliori di una stagione che se è diventata maledetta lo è stata altrove.

IL SUO POSTO

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A lungo esterno d’attacco, nella Juve di quest’anno è tornato terzino (a modo suo) o più esattamente uomo a tutta fascia capace di sdoppiarsi tra quarto di difesa in fase di non possesso e quinto di centrocampo in fase di possesso. Nel 4-4-2 più rigido con cui Pirlo sta finendo la stagione, di rado però è stato lui a partire da lontano, più avanzato a centrocampo con Danilo a coprirgli le spalle. Anche per liberarlo in ciò in cui è diventato un fuoriclasse del calcio europeo: dribbling, cross, assist. Uno dei pochi giocatori da uno contro uno di una squadra spesso troppo compassata e poco incisiva, più decisivo di ogni schema. E quanto è mancato quando non c’è stato…

IL PRIMO GOL DELL’ANNO

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Ecco, 10 sono stati i suoi assist – una grandinata, manna dal cielo per gli attaccanti – in una stagione in cui fino alla penultima giornata non aveva mai segnato. Si è sbloccato con un tiro non così diverso da quello che nella drammatica notte col Porto era finito sulla traversa, una gran botta di destro incrociando anche una piccola deviazione di Eriksen. “Sì, ero fiducioso, perché era da tanto tempo che stavo lavorando, ma arrivavo sempre lì e cercavo sempre di fare l’assist – ha detto il colombiano già a fine primo tempo -. Oggi ho visto la palla lì e grazie a Dio è andata dentro e sono molto contento perché ci ho creduto e penso sia stato meritato”.

IL RIGORE (CONQUISTATO)

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La perla però è arrivata dopo. Gol del 2-2 preso a sei minuti dalla fine, la partita (e la stagione) poteva essere finita lì in beffa. Invece assolo a destra, verso la linea di fondo, uno dei suoi dribbling contro Perisic e nel tentativo di cambiare direzione la sua gamba sinistra finisce in mezzo a quelle chiuse a forbice del croato. “In nazionale ho tirato un paio di rigori, ho sentito la fiducia. Già che non c’era Cristiano…”, ha sorriso Cuadrado. “Poi alla fine abbiamo fatto risultato, che era la cosa più importante. E’ stata una partita difficile contro una grandissima squadra, dovevamo sacrificarci di squadra, fare questo lavoro, e penso che questo risultato sia arrivato di squadra”. Juve al Cuadrado.

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