Crisi senza fine, tutti sotto accusa: Inzaghi rischia subito, ma non è il solo

Con il pareggio di Salerno la corsa alla prossima Champions League si complica. Anche se Simone è sicuro della qualificazione…

Dal nostro inviato Davide Stoppini

8 aprile – Salerno

E finisce sempre così con l’Inter. Finisce che non c’è mai una gioia dopo l’altra, non c’è mai una certezza che si allunghi oltre la mezza settimana. L’ufficio complicazioni cose semplici a Salerno ne ha tirata fuori un’altra. Ha ragione Simone Inzaghi quando dice “era da tanto tempo che non vedevo una partita così”. Ha meno ragione quando spiega il risultato solo con le occasioni mancate. L’Inter è una macchina che non funziona più. Che ha perso la confidenza con la vittoria. Ha perso l’abitudine a volerla, la vittoria. E ogni volta che pensi di aver toccato il fondo, ecco lì scavare un altro po’. Una vittoria nelle ultime sei partite è un bottino che neppure nei peggiori incubi sarebbe venuto fuori. La misura è colma. La società è profondamente delusa, quasi sconsolata, oltre che preoccupata per una qualificazione Champions che si è complicata maledettamente. E questi sentimenti chiamano in causa tutte le componenti. Non solo l’allenatore, ma anche la squadra.

Cambiare la guida tecnica? La società non è convinta che sia la soluzione di tutti i mali, nell’immediato. Il che non significa che la posizione di Inzaghi non sia sotto osservazione. Qui non si parla di futuro, benintesi, quello è già segnato. E la ricerca del sostituto è già iniziata da settimane. Qui si ragiona di partita in partita. La trasferta di Lisbona di martedì non sembra essere decisiva per la panchina. A meno, però, che la squadra non crolli, dal punto di vista della prestazione e soprattutto del risultato: in quel caso, niente può essere escluso. Ma sarà ad ogni modo importante per il tecnico uscire bene da Lisbona. Non tanto e non solo per il discorso qualificazione all’Europa dei grandi, ma soprattutto per aggiungere un po’ di fiducia nel serbatoio di giocatori che l’hanno smarrita, che non ci credono e, se ci credono, lo fanno a modo loro. In soldoni: la cosiddetta “scossa” dell’esonero del tecnico sarebbe davvero la ricetta giusta per dare una sterzata in extremis a questa stagione? In società il dibattito ha portato per il momento più a un no che a un sì.

E certo, pure la partita di ieri ha finito per mettere sul banco degli imputati anche l’allenatore, per via di quelle sostituzioni che nel secondo tempo hanno largamente peggiorato la prestazione contro la Salernitana: non è la prima volta che accade. E poi, ancora: una preparazione atletica deficitaria, per una squadra che troppe volte abbassa il suo rendimento dal minuto 60 in poi. Come intervenire adesso, ad aprile inoltrato? E infine: troppi giocatori non in sintonia con le scelte dell’allenatore. Ieri è stata la volta di De Vrij a parlare: “Non sono contento di giocare così poco”. In principio era stato Gagliardini, con concetti simili. E poi ci sono le voci sommerse, compreso quel Lukaku che non è certo contento di come è stato gestito fin qui. “Ma io sono convinto che ci qualificheremo per la prossima Champions – ha assicurato l’allenatore –. Certo, c’è delusione. Ora dobbiamo essere resilienti, andare oltre questa giornata. Ma avremmo meritato di vincere, sia qui a Salerno sia contro la Fiorentina. Con questo tipo di prestazioni i risultati arriveranno, ai giocatori non ho nulla da rimproverare”.

E magari non è proprio così. Perché sotto accusa ci sono anche loro, i calciatori. “È chiaro che ci sia qualcosa che non va, abbiamo avuto 20 occasioni nitide per segnare”, ha spiegato ancora Inzaghi. E ancora: “I giocatori sentono questo momento, tutte le componenti dell’Inter vogliono che il campionato vada come le coppe”. La speranza è che sia davvero così. Perché Lukaku continua a collezionare gol mangiati che fanno rima con figuracce. Perché Lautaro è in una fase di involuzione – 1 gol nelle ultime 9 presenze – e a Salerno non ha saputo far meglio che cercare un tocchetto davanti a Ochoa. Perché Correa è semplicemente Correa e Dzeko non è più fisicamente lui da settimane. E poi Brozovic. Ieri persino Onana. L’elenco è lungo. Ma più in generale, il senso di precarietà si avverte forte dentro lo spogliatoio. In quanti sono realmente sicuri di restare la prossima stagione? In quanti oggi sono chiamati a lottare per un posto in Champions League, competizione che forse l’anno prossimo neppure giocheranno con la maglia dell’Inter? Ora c’è Lisbona e il pericolosissimo Benfica di Roger Schmidt, una macchina che spaventa tutti in Europa. Qui gli stimoli arrivano da soli. Ammesso che bastino.

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