Cosa sono le plusvalenze, come funzionano e perché vengono usate nel calcio

Una guida con esempi pratici per orientarsi in una materia contabile fondamentale nella gestione di un club

Negli ultimi giorni l’inchiesta Prisma della procura di Torino è balzata agli onori delle cronache sportive, e all’improvviso i tifosi di calcio si sono ritrovati in un mondo di bilanci, contabilità e plusvalenze gonfiate. Materie ostiche per chi non le padroneggia, ecco perché proviamo a spiegarle qui con pochi esempi pratici

Plusvalenza: cosa significa?

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Innanzitutto bisogna partire da un concetto chiave: che cos’è una plusvalenza? Per capirlo occorre muovere dal sistema di valori di una società di calcio. In particolare, il principale elemento patrimoniale di un club – senza considerare l’eventuale presenza dello stadio di proprietà – sono i diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. Si tratta del valore pagato dal club per acquisire il cartellino del giocatore, in altri termini il compenso da versare al club cedente per assicurarsi lo specifico atleta. L’importo del diritto va iscritto in stato patrimoniale e ripartito lungo la durata del contratto, perché soltanto la quota annuale rappresenta un costo d’esercizio da inserire nel conto economico sotto la voce “ammortamenti”.

L’esempio

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Ipotizziamo che a luglio 2020 la società Alfa abbia acquisito dalla società Beta il calciatore X a un prezzo di 1000 e che il contratto duri cinque anni. Nello stato patrimoniale al 30 giugno 2021 la società Alfa iscriverà come diritti pluriennali i 1000 euro, mentre nel conto economico sarà registrato, tra i costi, un ammortamento dei diritti pari a 200 euro (1000 diviso i cinque anni del contratto). Anno dopo anno, man mano che il processo di ammortamento va avanti il valore contabile dei diritti si riduce. Così alla fine del primo anno il valore contabile netto (ossia la differenza tra il costo di acquisto e la somma delle quote di ammortamento fin lì stanziate) sarà 800 (1000-200), al termine del secondo sarà 600 (1000-200-200), al termine del terzo 400 (1000-200-200-200) e così via fino a che alla scadenza del contratto (30 giugno 2025) il valore sarà pari a zero, giacché completamente ammortizzato. Nel caso in cui la società decida di cedere, durante la durata del contratto, il cartellino del calciatore a un importo superiore rispetto al valore contabile netto si genera un ricavo, denominato plusvalenze. Nel nostro esempio, al 30 giugno 2021 il valore contabile di X è pari a 800. Se a luglio 2021 la società Alfa cede X alla società Gamma per 2000, allora nel bilancio di Alfa andrà registrata una plusvalenza di 1200, vale a dire il prezzo di cessione (2000) meno il valore contabile (800). I 1200 sono un ricavo che va a finire nel conto economico e che quindi aumenta il fatturato di Alfa.

Normalità

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Di per sé quindi le plusvalenze sono normali componenti positive di reddito, che testimoniano il guadagno della società nell’operazione di scambio dei calciatori. La loro caratteristica è che si tratta di un ricavo non monetario, giacché non vi è una contropartita finanziaria. Il grande vantaggio della plusvalenza è che pur non essendo un ricavo della gestione caratteristica del club (come possono essere i proventi da diritti tv, sponsor o dalla biglietteria) rientra comunque nei parametri per calcolare gli indicatori di bilancio utili per ottenere le licenze nazionali o internazionali o per rispettare i requisiti del fair play finanziario. È ovvio quindi che il club sia incentivato a produrre plusvalenze per riallineare il livello del suo giro d’affari nel caso in cui – a causa per esempio del Covid – gli altri ricavi si siano contratti. Sin qui tutto normale.

Abuso

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La situazione degenera nel momento in cui, al fine di sistemare i conti per rispettare le regole sul pareggio di bilancio, il club tende a gonfiare il valore di cessione, così da registrare una plusvalenza maggiore. Il problema principale è che in assenza di regole precise sui criteri di valutazione dei calciatori (non esistono infatti criteri univoci, codificati e certificati da un organismo terzo), è impossibile stabilire a priori quale sia il valore corretto della transazione. Nonostante ciò il ricorso alle plusvalenze gonfiate crea difficoltà strutturali al sistema. Per comprendere quest’ultima frase, occorre allargare lo scenario, considerando che dall’altra parte rispetto al club che vende (e che quindi iscrive un ricavo in conto economico), c’è infatti la squadra che acquista, la quale imputerà in stato patrimoniale il valore del diritto, che dovrà poi essere ammortizzato in conto economico. Valori elevati di cessione (creati artificialmente al fine di imputare la plusvalenza) si tradurranno quindi per il club acquirente in costi elevati e di conseguenza difficoltà a chiudere il conto economico in utile. Continuando il nostro esempio, se la società Gamma acquista il calciatore a 2000 euro, proponendogli un contratto quinquennale, ciò si traduce in costi annui per ammortamenti pari a 400 euro, un importo doppio rispetto a quello che Alfa ha imputato negli anni precedenti. Pertanto al ricavo di Alfa corrisponde un maggior costo per Gamma.

I motivi

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Perché i club fanno queste mosse? Semplicemente perché con le regole in vigore Alfa inserisce il ricavo di 1200 tutto in un anno, mentre Gamma può spalmare il costo di 2000 in cinque anni. L’altro aspetto è che tutta l’operazione può non avere riflessi finanziari, giacché in caso di dilazioni nei pagamenti le operazioni di scambio non impattano sulla liquidità. Tornando al nostro caso, se Alfa e Gamma pattuiscono un pagamento dilazionato a partire dal terzo anno, l’effetto sarà che Alfa avrà inserito nel bilancio un ricavo di 1200, ma non avrà alcun aumento della cassa. Quindi avrà sanato l’aspetto economico, ma non avrà benefici sul piano finanziario. Gamma invece avrà appesantito i propri costi (inserendo il costo per l’ammortamento), ma senza peggiorare la situazione monetaria. Questo meccanismo perverso fa sì quindi che il maggior ricavo di un club si scontri con i maggiori costi dell’altro, creando inoltre un disallineamento tra aspetto economico (quindi costi e ricavi) e aspetto finanziario (entrate e uscite di cassa), e costituendo una ragnatela di operazioni nella quale sono coinvolte più squadre.

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