“Cognome ingombrante”: padre in odore di mafia, il Cosenza esclude Pietro Santapaola

Il giovane attaccante denuncia il club: sarebbe stato allontanato dalla squadra solo perché il padre era stato coinvolto in una operazione di polizia legata al crimine organizzato. Il prozio è il boss Nitto

Scoppia il caso Pietro Junior Santapaola, classe 2003, originario di Messina. Il cognome è lo stesso di un suo prozio, Benedetto Santapaola detto Nitto, tra i più noti boss di Cosa Nostra condannato all’ergastolo. E anche suo padre sarebbe legato alla criminalità organizzata, e per questo motivo è stato coinvolto in una operazione di polizia. Il figlio però non ha collegamenti con gli ambienti criminali, il suo sogno resta quello di giocare a calcio e diventare un professionista. A gennaio è arrivato dalla Serie D, a Messina, fino alla B di Cosenza. Si è allenato normalmente fino a quando a inizio marzo un dipendente della società lo avvisa, via whatsapp, della volontà da parte del club di concludere il rapporto. Il racconto alla stampa è dell’avvocato Salvatore Silvestro che ha presentato una denuncia ai carabinieri di Messina, prima di trasmettere tutto anche alla Procura di Cosenza.

Emarginato

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“Pietro dal 3 marzo è stato completamente emarginato dalla squadra – ha detto l’avvocato Silvestro a Repubblica edizione Palermo – esclusivamente alla luce dei precedenti del padre. È stato trattato come un criminale, ghettizzato, e quando ho chiesto spiegazioni via mail al presidente del Cosenza non ho ricevuto alcuna risposta. Inoltre, la decisione, non gli è stata comunicata dal presidente, bensì da altri dirigenti”. Il legale di Santapaola ha inoltrato la denuncia anche alla Federazione italiana gioco calcio, alla procura federale e alla Lega di Serie B.

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