Cinque punti in 5 partite: dentro la prima crisi dell’Inter

Il k.o. interno contro il Sassuolo, malgrado i 29 tiri, conferma il momento no dei campioni d’Italia. Ora inizia un altro campionato

Cinque punti nella ultime 5 gare di campionato certificano la prima crisi dell’Inter di Simone Inzaghi. Certo, ci sono quei 29 tiri verso la porta stregata di Consigli senza fare un gol a suggerire una gita a Lourdes, ma se lo stesso tecnico piacentino a fine gara è apparso arrabbiato con i suoi per l’approccio sbagliato un motivo ci sarà. Dopo lo 0-0 in casa dell’Atalanta, sono arrivati un successo soffertissimo col Venezia, l’harakiri nel derby, il pareggio di Napoli e la sconfitta col Sassuolo. Così non si vincono gli scudetti.

Stanchezza e qualità

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Da venerdì, in casa di un Genoa ben diverso da quello annichilito all’esordio, inizia un nuovo campionato. E non ci saranno più margini di errore, la dote è stata sprecata in questo mese complicato. Il primo dato che salta all’occhio è quello dei non titolarissimi che per la prima volta non hanno saputo cogliere l’occasione. Dimarco è troppo tenero come vice Bastoni, Gagliardini ha girato a vuoto, Darmian non ha garantito la spinta di Dumfries e Sanchez è stato meno lucido rispetto alle ultime uscite. Ma questo richiama anche la stanchezza delle prime linee, con Calhanoglu sfocato – perde lui il pallone che porta al primo gol -, Barella meno esplosivo e soprattutto fuori posizione, Perisic tornato tra gli umani e un Lautaro che ormai sta diventando un caso perché in campionato non segna da due mesi, si è mangiato un gol surreale ed è troppo spesso per terra a protestare con mondo e arbitro.

Epic dipendenza

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La prima volta senza Brozovic ha confermato che il croato è l’unico senza un vero vice. Assente Epic, è venuto meno il muro davanti alla difesa, ma soprattutto l’uomo che sa ripulire i palloni sporchi e avviare l’azione senza perdere quel tempo di gioco che ti permette di trovare l’avversario non sempre schierato. Senza dimenticare che Barella basso perde metà della propria forza. Col senno di poi forse conveniva accentrare Gagliardini o Calhanoglu. Con Vecino ai box e ormai ai titoli di coda e un Vidal che aveva dato tanto contro il Liverpool, la coperta in mezzo si copre corta. E in un momento come questo sarebbe servito Sensi.

Piccole e pressione

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La sconfitta col Sassuolo accende un altro campanello d’allarme. L’Inter aveva costruito il proprio vantaggio vincendo praticamente sempre contro le medio-piccole – lasciati solo due punti in casa della Samp -, limitando i danni di un cammino incerto negli scontri diretti (battuto solo il Napoli, negli ultimi 15′ delle 7 gare contro le big subiti 8 gol senza farne alcuno). La banda Dionisi – che già aveva messo in difficoltà i nerazzurri all’andata, prima del ribaltone firmato Dzeko – è invece la prima a fare bottino pieno. Ora il calendario concede altri due turni sulla carta facili, a Marassi e in casa con la Salernitana, nel turno di Napoli-Milan. I margini per tornare in vetta insomma ci sono tutti, anche prima del recupero col Bologna. Ma a questo punto diventa decisiva pure la testa. La pressione aumenta e bisogna saperla gestire. Quello era il pezzo forte di Conte. Per Inzaghi è una bella sfida.

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