Chiesa lo spacca-partita: “Abbiamo meritato noi. Il mio gol? Bravo a restare calmo”

Parla lo juventino: “Non è mai tardi per entrare. Il merito va all’allenatore perché siamo sempre tutti pronti, qui ci sono 26 titolari. E ora ci godiamo i quarti”

Qualche giorno fa, in conferenza stampa a Coverciano, la domanda che più aveva messo in difficoltà Federico Chiesa era stata quella sulla disabitudine a iniziare le partite dalla panchina. Federico ovviamente se l’era cavata benissimo con la diplomazia (“Siamo tutti titolari, gioco quando lo decide il mister e mi faccio sempre trovare pronto”), un po’ meno con lo scenario. Insomma, senza voler fare un trattato di introspezione psicologica, si percepiva che parlava di una situazione comprensibilmente scomoda. Ma forse non tanto perché una maglia azzurra dal primo minuto in un Europeo la vorrebbero tutti, quanto per una situazione nuova rispetto agli standard stagionali. Vissuti alla Juve da protagonista. E così Federico ha dovuto ottimizzare il tempo concesso dal c.t., e l’ha fatto nel modo più gratificante. Accompagnandoci ai quarti di finale, spalancandoceli con il primo dei due gol azzurri.

Magia

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C’è stato un momento, nel corso di un secondo tempo vissuto con una sofferenza ben più ampia del lecito, in cui più o meno tutti hanno pensato la stessa cosa: questa partita rognosa la può spaccare uno come Federico. Mancini l’ha buttato dentro al minuto 39, probabilmente anche troppo tardi, al posto di Berardi. Fascia destra, dove l’esterno del Sassuolo non era riuscito a sgommare come nelle uscite precedenti. Federico ci ha messo poco a sparigliare le carte. A regalare opzioni che fino a quel momento erano rimaste impantanate in un giro palla troppo scolastico e poco coraggio nel puntare l’uomo. Chiesa è stato il primo a scrollare l’Italia nei supplementari. Un destro dopo quattro minuti parato a terra da Bachmann, giusto per scaldare il piede. E poi la magia che ha sbloccato e indirizzato il match. Una raffinatezza, nata da un controllo di testa (anzi, di faccia) sull’ottimo cross di Spinazzola, un movimento secco per liberarsi di Laimer e il collo pieno sinistro che ha impallinato il portiere austriaco.

Portone forzato

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Esecuzione pregiata per un giocatore a cui di solito Mancini preferisce Berardi per motivi di equilibrio tattico. Perché Domenico è più portato a giocare per la squadra e collegare i reparti, mentre Federico è più solista e amante della profondità. Ecco, questa era la volta di qualcuno che si prendesse la responsabilità di una giocata, e così è stato. Chiesa ci ha aperto la strada, ha scardinato il portone blindato austriaco e ha ricordato a tutti la sua importanza. Anche a chi storce il naso sulla sua media gol in azzurro: fino alle 21 di stasera una sola rete in 27 presenze, ma questa non ha prezzo. E c’è anche una statistica che è una vera chicca: Federico e papà Enrico (contro la Repubblica Ceca nel 1996) sono l’unica coppia padre-figlio ad aver segnato nella storia degli Europei. “Abbiamo meritato di passare e ora ci godiamo i quarti – ha detto Chiesa a fine gara –. Com’è partire dalla panchina? Non è mai tardi per entrare. Il merito va all’allenatore perché siamo sempre tutti pronti, questo è un gruppo composto da 26 titolari. Sul gol sono stato bravo a rimanere calmo e a controllare per bene la palla. In situazioni simili a volte viene da tirare al volo. È stata una partita difficile perché l’Austria non è solo una squadra intensa e aggressiva, ma ha giocatori importanti che fanno possesso palla. Gli faccio i complimenti però, ripeto, abbiamo meritato di passare”.

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