Chiesa, il piano per tornare al top. Con il Napoli nel mirino

Prima volta oltre la mezz’ora per l’ala, che aveva saltato tutte le partite di avvicinamento al campionato. A Cremona è mancato il guizzo, ma…

L’anniversario del crac al ginocchio che un anno fa, il 9 gennaio, ha stroncato la sua stagione è alle porte. Ma Federico Chiesa non è uomo da scappare dai fantasmi, lo vedi da come punta l’avversario e da come si mangia il campo palla al piede. Un passetto alla volta, perché è lo storico di questa stagione – dall’estate a ora – a ricordare in maniera vivida che non è il caso di forzare, neppure per un ragazzo come lui che è volontà pura.

PICCOLI PASSI

—  

È vero che era già tornato a novembre e che c’è stata la sosta in mezzo, ma non è stato e non poteva essere un percorso lineare, ma fatto di stop-and-go: è tornato prima dalle vacanze per lavorare, ma poi le tre partite di avvicinamento al campionato le ha saltate tutte, prima per un affaticamento muscolare e poi per consolidare la preparazione atletica alla Continassa. Così il suo cammino dopo l’infortunio racconta di un rientro da 17 minuti il 6 novembre con l’Inter, saliti a 26 una settimana dopo con la Lazio, e “fast forward” a Cremona per la ripresa, dove sono stati 35. Se la matematica non mente, sabato con l’Udinese potrebbe aspettarlo un minutaggio da un tempo circa. In ogni caso è logico aspettarsi un altro passetto avanti, ma l’obiettivo vero è essere a pieni giri per la sfida di venerdì 13 al Napoli capolista.

A TUTTA FASCIA

—  

Sul campo in cui babbo Enrico 28 anni fa aveva vissuto con la maglia della Cremonese una delle migliori stagioni in carriera (14 gol, ha fatto meglio solo l’anno dopo alla Samp e poi nella seconda stagione alla Fiorentina) ha provato a mettersi in partita, ma con intelligenza. Dopo una decina di minuti al limite dell’area si è andato a prendere un pallone dai piedi di Kean che non lo stava esattamente addomesticando, e in verticale ha attaccato la porta, tentando la botta sul primo palo: forte, ma largo. E’ stato il suo unico tiro, in una serata vissuta in quel ruolo a tutta fascia che ha reclamato a gran voce, a fronte invece della nota preferenza di Allegri che lo vedrebbe più attaccante. Se quindi è stata una mezzora abbondante non di soli lampi non è solo per una questione di condizione, ma anche perché diversa era la missione, su una fascia in cui la Cremonese voleva mettere in difficoltà la Juve.

L’IMMAGINE SIMBOLO

—  

Così Chiesa ha cercato i compagni (9 passaggi), quasi sempre trovandoli (solo due sbagliati), ha recuperato palloni (5), in una mole di gioco con inevitabili danni collaterali (9 palle perse). Ma a ogni accelerazione dava l’idea che qualunque cosa potesse nascere dai suoi piedi e dal suo motore, e così ribaltare la partita. Non è successo, succederà. Ma è già un segno. Così come lo è il fatto che l’immagine della sua serata sia piuttosto un’altra: quella del momento in cui la Juve era andata vicina al gol come mai prima (il doppio salvataggio di Carnesecchi su Rabiot e Kean) e invece rischiava la beffa, con Valeri a involarsi il contropiede tutto solo per andare a sfidare Szczesny. L’occasione l’ha sventata Tek. Ma pochi metri più in là il più forte, il più veloce nel risalire il campo – anzi nel ri-discenderlo – è stato proprio lui, Federico Chiesa. Alla faccia dei dubbi sulla condizione.

Precedente Le designazioni per la 17 ma giornata: Milan-Roma a Massa Successivo Per Milano e Roma la questione stadi non è necessità, ma un'emergenza