Chi è “Iron Mauri” Arrivabene, il manager di ferro nel destino della Juve

Confermate le ipotesi dei giorni scorsi sul cambio al vertice: sempre più vicina la nomina dell’infaticabile ex team principal Ferrari che era stato scelto da Marchionne

L’ipotesi è diventata probabilità. La probabilità ora è quasi certezza. Maurizio Arrivabene, da anni nel cda Juve, è più che candidato a diventare amministratore delegato della Juventus, ruolo vacante dagli anni di Beppe Marotta. L’agenzia Lapresse, vicina agli ambienti torinesi, ieri si è spinta, dando la scelta per definita. Non c’è una conferma diretta ma non dovrebbero esserci sorprese: ci si aspetta che la nomina venga ufficializzata nei prossimi giorni. Arrivabene lavorerebbe a stretto contatto con il presidente Agnelli e con Federico Cherubini, nuovo capo dell’area sportiva.

Uomo di famiglia

—  

La Juve, per un ruolo così strategico, ha scelto un manager conosciuto, vicino a John Elkann e Andrea Agnelli, ma senza esperienza specifica nel calcio. Un ritratto molto diverso da quello di Giovanni Carnevali, a.d. del Sassuolo, altro candidato della prima ora. “E’ chiaro che la Juventus è un grande club e tutti abbiamo ambizione – ha detto Carnevali -. Io ho un legame particolare con la famiglia Squinzi, è molto difficile pensare ad altri club”. Il legame Carnevali-Sassuolo è destinato a continuare, mentre la Juve cambierà molto. Arrivabene, Allegri, il nuovo ruolo di Cherubini, un piccolo passo avanti per Giovanni Manna, che continuerà a occuparsi della squadra Under 23 e sarà uno dei consulenti sul mercato di Cherubini.

Iron Mauri

—  

Arrivabene però dovrebbe essere la grande novità della settimana. Alla Phillip Morris, in cui ha lavorato una vita, si è meritato il soprannome “Iron Mauri” per la sua caparbietà ma soprattutto il culto del lavoro: infaticabile. Sotto la sua guida hanno fatto gavetta nella sede svizzera della multinazionale del tabacco Andrea Agnelli, Francesco Calvo (ex Juve, Barcellona e Roma), Michele Giraudo (figlio di Antonio) ed Enzo Ferrari junior, il nipote di Piero.

Scelto da Marchionne

—  

Bresciano, Arrivabene non ha mai nascosto le sue umili origini (il padre faceva l’operaio), anzi le ha sempre considerate un pregio: un uomo che si è fatto da sè. Una caratteristica comune che ha probabilmente spinto Sergio Marchionne, dopo la fallimentare stagione 2014, a sceglierlo per l’incarico più prestigioso: la responsabilità della Ferrari F.1. Quattro anni, dal 2015 al 2019, nei quali si è assistito a una metamorfosi di Arrivabene. Inizialmente loquace, conquistò il palcoscenico e i favori della stampa (in Australia, il suo “no money, no honey”, parlando dei rapporti con i team clienti, fece scandalo tra la stampa anglosassone) anche con gesti clamorosi, come quando ai primi test andò a sedersi nel pubblico per sensibilizzare la F.1 ad aprirsi (salvo poi tenere chiusa la propria hospitality). Poi sempre più nell’ombra, a cui lo aveva costretto Marchionne, che gestiva in prima persona persino i meeting con gli altri team principal. Una sua frase però resta iconica: “Testa bassa e lavorare”.

Il duello con Binotto

—  

Sotto la gestione Arrivabene, però, la Ferrari ha tenuto testa a Hamilton e alla Mercedes con 14 successi e 12 pole, chiudendo al secondo posto tra i costruttori in tre occasioni su quattro. E con Vettel vice campione 2017 e 2018. Ma proprio nei giorni che portarono alla morte di Marchionne cominciò il declino, con l’incidente di Sebastian a Hockenheim mentre si trovava al comando. Secondo voci mai confermate, la sorte di Iron Mauri sarebbe stata decisa alla vigilia di Natale a Cortina in un summit con Elkann e Ferrari alle prese con l’aut aut (mai confermato dall’interessato) di Mattia Binotto: o lui o me. Da allora, Arrivabene è finito sotto i riflettori solo per l’impegno alla Mille Miglia. Vulcanico, è stato per anni il regista di Vroom, la settimana della neve di Madonna di Campiglio che riuniva intorno alla Ferrari la stampa internazionale. Assieme alla compagna Stefania Bocchi, volto noto perché per anni accanto ai piloti del Cavallino, vive tra Brescia, Parma e Ginevra. Anche se è ovvio che da ora in poi trascorrerà più tempo a Torino.

Continua a leggere su Gazzetta.it!