Chelsea, niente patti con il Made in Italy

Dopo le diatribe legali con Conte, il patron Abramovich non scende più a compromessi con gli italiani. Anche se sono i migliori…

C’è un retroscena piccante, una verità inconfutabile, sulla scelta del Chelsea di non puntare su allenatori italiani. Almeno per i prossimi anni, il resto lo vedremo. E che quindi ha portato al desiderio di ingaggiare Tuchel al posto di Lampard, dentro una stagione fin qui ricca di delusioni malgrado un mercato pirotecnico. Il retroscena comprende il risarcimento milionario ottenuto da Antonio Conte dopo il licenziamento burrascoso, che poi condusse all’arrivo di Maurizio Sarri, malgrado qualche bel trofeo infilato nella bacheca dei Blues (Premier e FA Cup).

Una data, una sentenza

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Storia del maggio 2019: alla fine di un lunghissimo tira e molla, con avvocati perennemente al lavoro e con Conte fermo sulla sua posizione (“Se non risolvo questa storia non torno operativo”), la sentenza è una bastonata per Roman Abramovic e Marina Granovskaia: 11,3 milioni di euro da versare a Conte, la famosa “giusta causa” semplicemente perché il club aveva sospeso gli emolumenti e quindi il pagamento degli stipendi. Dieci milioni di sterline, al cambio – appunto – 11,3 milioni di euro, uno schiaffone. Tutto questo perché nell’estate 2017, quando l’idillio era fortissimo, le parti avevano concordato di inserire penali enormi in caso di esonero o di dimissioni. Non a caso nel bilancio del 2019 il Chelsea fece registrare un rosso di 100 milioni di sterline. Di queste 30 milioni di euro riconducibili agli emolumenti di Antonio, al suo staff e agli avvocati per parcelle salatissime. Conte, infatti, tornò in pista, all’Inter, dopo essere stato completamente soddisfatto dal suo vecchio datore di lavoro. E il Chelsea rese operativo l’accordo con Sarri che a quel punto non si sarebbe potuto rimangiare, mai avrebbe immaginato di dover pagare in modo salato l’esperienza con il suo predecessore. Ma da quel momento, meglio ancora dall’avvento di Lampard al posto di Sarri, la signora Marina ha messo una bella croce: anche se avessero proposto il top in circolazione, per esempio Allegri, mai più avrebbe autorizzato un’esperienza con i rappresentanti del Made in Italy. Anche se tatticamente sono i più bravi, anche se sono stati gli ultimi a dare soddisfazioni enormi (non dimentichiamo l’Europa League conquistata da Sarri). Andrà così per parecchio tempo, che poi Tuchel sia quello giusto per tornare a trionfare questo è un altro tipo di discorso e sarà necessario avere un po’ di pazienza.

Moses eccezione

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Se guardiamo bene, anche sul mercato le cose sono state impostate con la stessa coerenza. L’Inter ci ha provato con Kanté, nulla. E poi con Marcos Alonso, zero chance. E poi con Emerson Palmieri, nessuna possibilità. Guarda caso tutti pallini dell’odiato Conte, della serie: ci chiedono un prestito con diritto di riscatto? No, nel loro caso il cartellino vale ancora di più e strada sbarrata. Certo, può esserci uno strappo alla regola e quello si chiama Victor Moses arrivato in nerazzurro lo scorso gennaio, in prestito con diritto di riscatto. Ma stiamo parlando di una goccia nell’oceano rispetto a una filosofia chiara, una chiusura che è l’estrema sintesi di un passato burrascoso e che ha ferito anche un uomo straricco come Abramovic. Quindi, è molto semplice: lunga vita a Tuchel, nella speranza che riesca a invertire la tendenza e che onori in qualche modo l’esborso per i cartellini della scorsa estate. In caso contrario, la ricerca ripartirà perché loro sono ambiziosi. Ma quando sente parlare di allenatori italiani oggi a Marina Granovskaia viene, come minimo, l’orticaria.

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