Che fine ha fatto Lazaar? “Voglio il Marocco. Ho parlato con Hakimi dopo quel rigore”

Quella strada di Casablanca dove tutto è cominciato, le radici messe a terra a quasi 3mila chilometri di distanza, poi quel gol in Serie A forse irripetibile partito da molto lontano. Achraf Lazaar ha 30 anni e vuole vivere una nuova avventura

Simone Lo Giudice

9 dicembre

Un filo rossoverde connette i due continenti del suo cuore: il primo colore rappresenta la passione per il gioco, il secondo la speranza che non muore mai. Storia di Achraf Lazaar, l’ex ragazzino di Casablanca oggi diventato uomo che lavora molto e suda altrettanto per provare a riprendersi tutto quello fino a poco tempo fa è stato suo. Con Hakimi ha in comune il nome e il ruolo, ma soprattutto un desiderio: vedere i Leoni dell’Atlante conquistare un nuovo continente con il pallone tra i piedi. Oggi Achraf si sveglia all’alba come faceva un tempo la sua mamma per guadagnarsi da vivere. L’ex calciatore del Palermo si alza, prega poi si mette al lavoro sul campo. Il suo Marocco fa la stessa cosa, da una ventina di giorni a questa parte, in Qatar tra sabbia e sogni, spinto dall’amore di un intero popolo. Oggi Lazaar ha due cose nel cuore: i suoi compagni nuovi eroi di Doha e un grande desiderio per il futuro, cioè tornare a indossare la maglia della nazionale del suo Paese dopo esserselo meritato sul campo.

Achraf, come sta?

Bene, sono tranquillo con la mia famiglia. Mi trovo a Varese dove sono cresciuto da ragazzino. Mia mamma si è affezionata alla zona. Anche per mio padre era così, purtroppo l’ho perso due anni fa. Pure i miei zii e miei cugini si trovano bene qui. È casa.

Che momento sta vivendo come calciatore?

Mi sto allenando con una squadra della zona. Mi segue un preparatore atletico con cui programmo le mie giornate. Cerco di mantenermi in forma, sono un po’ ossessionato sotto questo punto di vista. Cerco di essere sempre al massimo fisicamente. Peccato, se avessi avuto una squadra di club nei mesi scorsi, a quest’ora sarei con i miei connazionali a lottare per il Mondiale.

Che effetto le fa seguire il Marocco da casa?

È emozionante. Non riesco a trovare le parole giuste per spiegarvi quello che stiamo vivendo io e la mia famiglia. Ho sentito i ragazzi. Più che parole abbiamo scambiato lacrime ed emozioni. Questa squadra ha scritto la storia del calcio marocchino. Sono orgoglioso di poter difendere questa maglia e di essere nel giro della Nazionale. So che sacrifici hanno fatto. Abbiamo lottato nelle qualificazioni giocando in campi e stadi che non ti sto nemmeno a raccontare. Abbiamo sognato di raggiungere traguardi simili. Siamo stati aiutati tantissimo dal nostro re. Quando c’è qualcuno che crede in te alle tue spalle, i risultati poi arrivano per forza. Dobbiamo tutto alla Federazione che ha creato un centro sportivo incredibile. Ci sono le carte per scrivere altre pagine di storia.

La lega una bella amicizia ad Achraf Hakimi: è vero?

L’ho sentito per fargli i complimenti. L’ho ringraziato per quello che ha fatto, anche per il rigore. Gli ho detto che ha fatto bene a segnarlo… Hakimi sa come è il popolo marocchino, in caso di errore sarebbe stato meglio non farsi vedere (ride, ndr). Achraf è un grande giocatore. Per fortuna ne abbiamo tantissimi di spessore nel Marocco. Ai quarti sfidiamo il Portogallo, un gruppo tosto.

Portogallo e Spagna (che avete battuto) non giocano in maniera così diversa: può essere un vantaggio?

Non ci adattiamo agli altri. Se ci focalizziamo troppo su come scendono in campo loro allora abbiamo perso tutto. Il Portogallo ha Cristiano Ronaldo, uno dei migliori calciatori al mondo, se non il migliore… Noi dobbiamo fare il nostro gioco e restare umili. Abbiamo grandissimi giocatori che militano in squadre strepitose. Portiamo rispetto, ma vogliamo fare la nostra gara per rendere felice il nostro popolo. Siamo la prima nazionale africana a tornare ai quarti, ma rappresentiamo anche il mondo arabo. Gli italiani tengono molto al Marocco, tifano per noi non essendoci gli Azzurri. Si sentono più marocchini che portoghesi e spagnoli. 

Conosce il c.t. Hoalid Regragui? Che ruolo ha avuto in tutto questo?

È stato fondamentale per il Marocco, puntare su di lui è stata un’ottima mossa senza togliere nulla a Vahid Halilhodzic che mi ha convocato e ci ha portato al Mondiale. Non conosco bene Regragui, ma mi è stato detto che ha trasmesso serenità. Ha dato quello di cui avevamo bisogno. Ha vissuto in Francia, poi ha allenato il Wydad Casablanca in Marocco. È giovane e conosce la mentalità dei giocatori di oggi. La sua età lo aiuta ad entrare facilmente in sintonia con tanti giocatori. È l’uomo giusto al posto giusto.

Adesso però il Marocco ha smesso di festeggiare…

Certo, domani c’è la prossima partita! Il Portogallo vuole buttarci fuori, secondo loro abbiamo già sognato troppo… Mi piacerebbe andare in Qatar, ma non è semplice. I ragazzi però sanno quanto tengo a loro, sono i miei fratelli. Ci sentiamo anche quando non ci sono partite. La Federazione sa che ci sono sempre e che darei l’anima per loro. Il mio cuore sarà in Qatar, tiferò per loro come faranno altri 40 milioni di marocchini. Aspetto solamente una nuova squadra per riprendermi ciò che ho perso negli ultimi anni.

Che cosa le manca di più?

Non vedo l’ora di rientrare nello spogliatoio, voglio riprovare l’adrenalina della domenica. Ci metto poco a mettermi in forma: lo sto dimostrando con il personal trainer e con la squadra con cui mi sto allenando. Ho fatto parte della nostra nazionale e speravo di essere al Mondiale, ma non ho rimpianti. Adesso aspetto buone notizie per la mia carriera. Sto aspettando cose belle per me.

Parlando del suo futuro: tra lei e il Palermo è rimasto un bel legame…

Ci ho lasciato un pezzo del mio cuore. I tifosi sanno quanto tengo al Palermo. È stata la mia seconda casa. Tutti mi hanno accolto benissimo. Con la maglia rosanero ho realizzato i sogni che cullavo da bambino. Ho fatto fatica a ripartire quando ho lasciato il Palermo. La società sa che sono qui e che le mie porte sono aperte nei loro confronti. Sono e sarò sempre un loro grande tifoso.

Lei ha giocato con Paulo Dybala al Palermo: tifa un po’ anche per la sua Argentina al Mondiale?

Sì certo, lo faccio per tutti i miei ex compagni che osservo da lontano. Negli anni ognuno ha preso la propria strada, ma è normale. Provo simpatia verso la nazione dei mie ex compagni. Se nell’Argentina c’è Paulo, io simpatizzo anche per lui e per la sua squadra.

Qual è stato il momento in cui si è perso?

Al Newcastle, una squadra molto grande rispetto alle mie precedenti. C’erano giocatori di alto livello e ho fatto fatica a ritagliarmi spazio. Il mister Rafa Benitez mi aveva voluto fortemente, poi le cose però sono andate diversamente. Non ho accettato quando mi hanno messo in panchina, restare fuori è stato difficile. Ogni cosa però avviene per volere di Dio. Ho imparato questa lezione.

Ha fatto fatica anche altrove?

A Benevento ho avuto un acciacco, non è andata bene con la società per motivi legati all’agente che mi seguiva. Io ringrazio ogni club e ogni maglia indossata. In campo ho dimostrato sempre massimo rispetto alle tifoserie. Sono stato professionale al cento per cento in campo e fuori. Sono umano e sbaglio come tutti però ho sempre chiesto scusa per gli errori commessi. I miei genitori mi hanno insegnato il valore dell’umiltà. Bisogna ripartire nella vita, nonostante tutto quello che succede, con tanta motivazione.

Lei è originario di Casablanca in Marocco: com’è nato l’amore per il calcio?

Giocavo per strada. Da piccolo ero innamorato del Raja Casablanca così mio padre mi ha iscritto alla loro scuola calcio. Sono rimasto lì fino ai 10-11 anni poi sono arrivato in Italia. All’inizio non conoscevo la lingua e non è stato semplice. Ho cominciato a giocare all’oratorio, poi un giorno un signore mi ha preso in simpatia e mi ha portato al Venegono in Serie D. Non ero benestante: mio padre non riusciva a trovare lavoro ed era impossibilitato a fare il muratore per i suoi problemi fisici, mia madre era l’unica con un’occupazione e faceva la donna delle pulizie, si sveglia all’alba e sgobbava tutto il giorno. È stata lei a spingermi affinché mi trasferissi in Italia per migliorare la mia vita. In Marocco non si sta male, ma nel vostro Paese ci può essere un futuro migliore.

Le manca il Marocco?

Sono abituato a stare in Italia. Amo il mio popolo e il calcio della mia nazione però sono cresciuto a Varese, le mie radici sono qui a Vedano Olona. Il mio primo obiettivo era firmare un contratto per fare smettere i miei genitori di pensare alle difficoltà e ci sono riuscito. Sono orgoglioso di aver giocato nel Varese. Ero il pupillo di tutti: dalla Berretti alla Primavera e alla prima squadra. 

Qual è stato il suo giorno più bello in Serie A?

Quando ho segnato da lontano il primo gol con la maglia del Palermo contro il Napoli. Ho provato un’emozione enorme, solo un matto come me poteva segnare una rete del genere. Tutto succede per volontà di Dio, anche quel gol è arrivato così. È successa la stessa cosa quando ho cambiato ruolo: sono partito esterno alto e sono arrivato difensore. Correvo tanto avanti e indietro, avevo una bella falcata. Non sapevo difendere a quattro, ma mi piaceva imparare da ragazzo. Non ho preso quel cambiamento come una bocciatura, ma come una prova in più. Persone che hanno fatto bene nel calcio mi hanno detto che avevo grosse potenzialità. Mi sono impegnato e ho imparato a difendere. Sono migliorato allenamento dopo allenamento, video dopo video. Mi hanno aiutato i mister e i giocatori che ho incontrato, compresi i direttori del Varese. So fare un ruolo che pochi al mondo sanno fare. 

Il suo modo di giocare ricorda quello del suo amico Hakimi…

Sì, siamo simili. Lui però è un po’ più veloce di me (ride, ndr)…

C’è in ballo qualche scommessa in Marocco? La nazionale si è data un obiettivo?

Il re ci accontenterà, ci tiene tanto e farà il massimo per noi. È molto legato a questo Marocco: lo ha dimostrato quando è andato in mezzo alla folla con la maglia della nazionale. Tutti ci sostengono. Anche il presidente della Federazione è con noi.

Qual è il suo più grande obiettivo per il futuro?

Sono sicuro che il mio nuovo club mi permetterà di ritornare in nazionale. Il Marocco conosce le mie qualità, mi è stato detto che devo solo giocare. Mi serve una squadra con un bel progetto. Ho una voglia matta di riprendermi tutto. Ce la farò, ne sono sicuro.

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