Capello: “Allegri alla Ferguson? Per Sir Alex poco campo. E poi la tecnologia…”

L’ex allenatore del Milan si avvicinò al ruolo di manager a tutto campo: “Ma ora è diverso, bisogna confrontarsi con social e algoritmi”

Il calcio italiano non ha mai avuto un Alex Ferguson e chissà se mai lo avrà, ma un allenatore si è avvicinato al concetto di tecnico manager a tutto campo: Fabio Capello. Gli studi manageriali negli anni Ottanta nel gruppo Fininvest allargarono i suoi orizzonti, mentre le esperienze in televisione a Telemontecarlo e nella stessa Fininvest gli fornirono una visione mediatica del calcio che gli ha permesso, dopo il ritiro dall’attività di allenatore, di lavorare a Sky Sport. Capello è un grande estimatore di Massimiliano Allegri, ma un possibile futuro bianconero seguendo il modello Ferguson non lo convince.

“Il nostro calcio non è culturalmente attrezzato per un modello genere Ferguson e penso che alla fine ognuno cercherà di difendere il suo orticello, ma poi bisognerebbe spiegare bene di che cosa si tratti e se sia compatibile con l’attualità”.

“Ferguson, come Wenger, diede un’impronta fortissima al suo club. Era il capo assoluto dello United. Lavorava poco sul campo, dove delegava uno staff che eseguiva alle lettera i suoi ordini. Anche Wenger aveva il controllo totale, sebbene soprattutto nei primi anni sul campo fu decisamente più presente rispetto a Ferguson. Parliamo però di un calcio anni Novanta e primo decennio del secolo attuale. Il football è cambiato e sta cambiando soprattutto su due versanti: tecnologia e comunicazione. I social sono una realtà con cui un tecnico contemporaneo deve per forza confrontarsi”.

Bisogna allenare anche i social.

“In realtà bisogna confrontarsi con mogli, fidanzate, influencer e via dicendo. Con le rose composte da venticinque giocatori, devi fare i conti con il mondo che ciascun calciatore si porta dietro”.

“La definizione e il rispetto dei famosi tre ruoli, presidente, direttore sportivo e allenatore, mi pare ancora la strada da seguire. Il lavoro sul campo per un tecnico è più profondo e impegnativo di un tempo. Se guardiamo al Manchester City di Pep Guardiola, non possiamo che ricavarne questa impressione: si vede l’opera quotidiana di chi sta sempre sul pezzo. Perché poi, e qui passiamo all’aspetto tecnologico, un allenatore è connesso in modo permanente a computer e tablet. Ci sono algoritmi e statistiche. Si gioca e si viaggia molto di più rispetto al passato. Come fai a essere manager in senso ampio?”.

Oltre Fabio Capello, altri allenatori hanno cercato in Italia di proporsi in stile Ferguson?

“Penso che Roberto Mancini nell’esperienza al Manchester City si sia mosso verso quella direzione”.

Una riflessione sul calcio post Covid?

“La pandemia è stata una tragedia umanitaria, ha messo in ginocchio le economie mondiali e ha aperto crisi profonde in tutti i club europei. L’unico aspetto positivo di questi mesi terribili è stato che con i cinque cambi, almeno in Italia, ci sono stati maggiori spazi per i giovani. Rappresentano il nostro futuro”.

Precedente Juve, ciao scudetto dopo 9 anni: sui social corre il grazie dei tifosi Successivo Ibra in coppia, Maldini motivatore: così Pioli vara il Milan per la Champions