Calcio in crisi da covid nel mondo ma in Italia non ci sentono, ma i cinesi dell’Inter domani bussano ai fondi

Il calcio cicala  vicino al crac. Stipendi folli ai campioni. L’Europa taglia gli ingaggi , Barcellona e Real Madrid trattano per ridurre i salari del 10%. Preoccupa il silenzio dei club italiani. Sono già 12 le società pro in mani straniere. Dietrofront della Cina, avanzano i fondi americani.

L’Europa tagli gli ingaggi folli, noi ancora no. Barcellona e Madrid  hanno già le forbici in mano e di sicuro le useranno. E noi cosa aspettiamo? Il calcio vive oggi quello che il pianeta ha conosciuto nel 2006.  Fu la crisi dei subprime – prestiti  ad alto rischio finanziario da parte degli istituti di credito in favore di clienti a forte rischio debitorio ( insolvenza ). E mandò il mondo occidentale a donne di facili costumi.

Tutto cominciò quando ha iniziato a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense . E si innescò la peggior crisi economica dai tempi della “  grande depressione “. Il crollo di Wall Street. Cose degli anni venti. Gli effetti recessivi furono devastanti.

Il calcio è “ tecnicamente fallito” ( copyright Corrado Piffanelli ). I primi 12 club al mondo sono schiacciati da 7,2 miliardi di debiti.

Il record appartiene al Tottenham anche per via della costruzione del nuovo stadio per 1.169 milioni di euro. Unico top club con i conti in ordine è il Chelsea che ha un saldo attivo di 28 milioni. Ma calma: il risultato è stato possibile per via di un meccanismo che ha caricato l’esposizione debitoria sulla holding di Abramovich, la Fordstam.

Il nostro calcio- cicala galleggia sulla scialuppa del credito agevolato “delle ragioni del tifo e dell’immagine ed un bond emesso dalla Juventus o dall’Inter. Non avrà mai lo spread di un titolo di stato”. Ma fino a quando?

Le responsabilità coinvolgono i giocatori ( in parte ).

I procuratori vampiri, moltiplicatori di ingaggi fuori dal mondo. Ma più ancora il disastro porta la firma dell’Uefa e della Fifa incapaci di aginare la valanga lussuriosa.

Oggi un calciatore, forte della sentenza Bosnan, è autorizzato al rialzo in ogni momento. Certo, l’emergenza Coronavirus ha consentito alla serie A ingaggi “ridotti” di 250 milioni per effetto della spalmatura degli stipendi in 14 mensilità anziché 12 e  di taluni accordi individuali di alcune società.

Restano gli ingaggi faraonici. I tagli non sono capiti dai paperoni  del gol. La crisi da pandemia ha fatto perdere un miliardo per il crollo dei ricavi? Sono affari che non ci riguardano, dicono le stelle e stelline  che vivono lassù, nell’iperuranio.

E non si muovono dal loro castello fatato. Esempio: Ronaldo non vuole tagli ai suoi 31 milioni provenienti dalle casse juventine. Un bottino che aggiunto ai vari sponsor ( Nike, ClearUnilever, Mtg, Altice, Herbalife, Abbott, DAZN ) portano i suoi guadagni a 105 milioni di dollari. È il secondo sportivo più pagato del pianeta dopo  Roger Federer ( 106,3 ).

Lionel Messi terzo con 104. Ma anche gli altri big non scherzano. De Ligt 8, Lukaku 7,5. Dieci i calciatori stranieri della serie A viaggiano su queste cifre. E, per ora, non le vogliono cambiare.

Solo la Cina ha messo un tetto ai super stipendi. Non è più l’Eldorado del calcio mondiale.

Ed infatti i paperoni del gol hanno fatto le valigie e sono tornati a casa. Nella ridente Europa. Pellè in testa con Hamsik. E i cinesi d’Italia?  Si muovono con accortezza. Il presidente dell’Inter neo scudettata, il giovane Steven Zhang ha capito l’antifona.

Prima ha chiesto ai ragazzi un taglio di due mensilità, poi ha fatto il giro delle sette chiese spiegando la situazione. Ha già dato. Cioè 712 milioni tra aumenti di capitale, finanziamenti e quota per l’acquisto del club nel 2016. Ora punta, anche lui , ai fondi americani: o Bain Capital o Oaktree. Lunedì conclude. In arrivo 200 milioni. Basteranno?

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