Bonimba, Cera, De Sisti e un 4-3 epico: “Fino al 90′ niente di che, ma poi…”

Tre protagonisti della semifinale dei Mondiali 1970 ormai nella storia, con la telefonata di Schnellinger. Bonimba: “E io non dovevo nemmeno esserci”. Cera: “Rivera o Mazzola? Nemmeno io avrei saputo scegliere”. De Sisti: “Ho capito subito che si sarebbe parlato a lungo di quella partita”

Per il titolo di campioni del mondo si è messo di mezzo quel meraviglioso Brasile. Ma gli azzurri di Messico 1970 sono stati campioni della storia, e delle emozioni, protagonisti dell’epica semifinale Italia-Germania 4-3 iscritta negli annali del pallone, oltre che in una placca dello stadio Azteca, come “la partita del secolo”. A celebrarla, nella prima giornata del Festival dello Sport organizzato da Gazzetta dello Sport e Trentino, la spina dorsale di quell’Italia di Ferruccio Valcareggi: Pierluigi Cera, difensore campione d’Italia 1970 col Cagliari, Giancarlo De Sisti, centrocampista campione d’Italia 1969 con la Fiorentina, e Roberto Boninsegna campione d’Italia 1971 con l’Inter e poi due volte con la Juve.

Bonimba

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Di quella giornata di gloria non può esserci un’immagine sola, ma partendo dal fondo la foto negli occhi è l’abbraccio di Riva a Rivera dopo il 4-3 nel secondo supplementare: “Sono andato su quel lancio, ho fatto a sportellate per difendere la palla e quando ho visto che avrei fatto fatica a centrare la porta sono andato sul fondo e l’ho messa dietro, senza neanche sapere che ci fossero Rivera e Riva”, ha raccontato Boninsegna, che aveva aperto quella partita col gol dell’1-0. E in Messico Boninsegna non doveva neanche esserci: “Con Valcareggi ho sempre avuto grandi problemi. Ero a casa, la Nazionale era già partita, poi Anastasi si è fatto male: mi hanno chiamato di notte per partire immediatamente per il Messico, al consolato ho trovato anche Prati e ci avevano chiamato in due per un posto, poi hanno mandato a casa inaspettatamente Lodetti. Da non giocare, poi ho fatto tutte e sei le partite”.

Schnellinger

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Solo quel giorno nella storia del calcio ci sono stati cinque gol ai supplementari, con una continua alternanza di risultati. “A essere onesto dico che la partita in sé non è stata una gran partita, i tempi supplementari l’hanno fatta diventare tale”, dice Cera. E allora “grazie” a quel gol dopo il 90’ del milanista Karl-Heinz Schnellinger, che ha chiuso i regolamentari sull’1-1. “Grazie me lo dicono da 50 anni, purtroppo non mi è venuto in tasca niente, questo è brutto! – ha scherzato il tedesco intervenendo telefonicamente -. Cosa mi ricordo? Che abbiamo perso e siamo andati a casa… Ma meglio perdere quella che la finale”. Di cui Boninsegna dice: “A venti minuti dalla fine eravamo sempre 1-1. Credo l’errore sia stato alla fine del primo tempo: con tutto quello che si può pensare della staffetta, se l’hai fatta sempre non puoi lasciar fuori Rivera nella finale mondiale”.

La staffetta

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Già, perché nell’immaginario collettivo, è stato soprattutto il Mondiale della staffetta tra Sandro Mazzola e Gianni Rivera. “Rivera era Pallone d’oro, un grandissimo giocatore, ma era gagliardo pure Mazzola: uno dei primi cinque attaccanti del mondo nel periodo della grande Inter”, ricorda De Sisti, svelando la volta in cui Gianni Brera gli chiese da che parte stesse. La risposta: “Perché? Non giochiamo tutti quanti per l’Italia. Guarda Brera io sono per la pagnotta, lavoro per la squadra”. Dice Cera: “Ancora oggi dico che se fossi stato io l’allenatore non avrei saputo chi far giocare. In ogni altra formazione di quel periodo avrebbero giocato tutti e due assieme. Ma il lavoro che faceva Domenghini lo ha reso irrinunciabile”. Ancora De Sisti: “La nostra cultura non era quella del Brasile in quel periodo, così giocava anche la Grande Inter che ha vinto tutto. Valcareggi aveva una metodologia di gioco, in quel momento non se l’è sentita di rischiare e giocare così sbilanciati”. Aggiungendo così un ingrediente all’epica di quel giorno. Chiude De Sisti: “A caldo dissi che di quella partita si sarebbe parlato per dieci anni”. Dopo 50 anni è ancora un’emozione senza tempo.

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