Tutti a cena, pago io. È quello che ha detto Thiago Motta alla squadra, all’intero suo gruppo di lavoro, allo staff dei medici e dei massaggiatori, e questa «reunion» in un ristorante zona aeroporto c’è stata giovedì sera. Il motivo? Detto che Thiago è uno che gradisce ritrovarsi a tavola con la sua «famiglia» calcistica, sì, perché per lui lo spogliatoio è all’atto pratico una famiglia allargata, stavolta c’è una spiegazione precisa a questa sua decisione. Che non è figlia tanto del suo desiderio di cementare sempre di più il rapporto con&tra i calciatori anche fuori dal campo, quanto per farsi per certi versi perdonare un errore che ha commesso, e cioè la sua espulsione per proteste nel corso della prima parte di Milan-Bologna a San Siro (in occasione del primo rigore per il fallo, per così dire, di Ferguson su Kjaer e poi sbagliato da Giroud) e per la conseguente squalifica di una giornata che gli ha impedito di essere in panchina sabato passato contro il Sassuolo. Ecco, pur avendo lasciato il Bologna in buone mani (ricordiamo che quella sera l’orchestra rossoblù è stata diretta dal campo dal suo secondo Alexandre Hugeaux), invitando tutti a cena è come se Thiago si fosse scusato con i suoi calciatori per non aver dato un buon esempio, «non sono riuscito a trattenermi, mi dispiace, il mio è stato un comportamento sbagliato», la sua aggiunta successiva sul tema.
Thiago, i calciatori e i dirigenti
Lo ha dichiarato lo stesso presidente Joey Saputo la sera della cena al Circolo della caccia (mercoledì e per l’occasione ha voluto attorno a sé tutti i suoi dirigenti), «la squadra e Thiago sono una cosa sola»: sì, è la verità non solo a parole ma anche evidenziata dai fatti, perché se parli con Motta non ti nasconde che per i suoi calciatori sarebbe pronto a buttarsi nel fuoco e se parli con i suoi calciatori ti dicono la stessa cosa nei confronti di Thiago. Caso mai va rimarcato un particolare altrettanto importante che passa in secondo piano solo per motivi di opportunità o di causa di forza maggiore. Questo: a oggi c’è almeno ufficialmente da parte della società la voglia di non disturbare né il manovratore né il Bologna inteso come squadra in questa loro rincorsa al raggiungimento dell’obiettivo europeo e da parte di Motta quella di rimandare a data da destinarsi l’incontro con il governo rossoblù per quanto riguarda il suo domani e di conseguenza anche quello del Bologna. E dopo quelle che erano state le parole di Claudio Fenucci sull’argomento, «tra qualche giorno o tra qualche settimana ci incontreremo con il suo agente per cercare di capire la loro recettività», ieri Thiago è andato avanti per la propria strada, «questo è un discorso interno, quando ci saranno novità ve lo faremo sapere».
Per il bene della squadra, ma…
Una volta sottolineato come questo suo pensiero sia diventato con il tempo un autentico ritornello, va aggiunto come il «discorso interno» ora come ora Thiago lo faccia tra sé, o al massimo con il suo procuratore Alessandro Canovi, perché è inutile nascondere come i colloqui tra le due parti vengano puntualmente rimandati, nonostante il Bologna aspetti da tempo la lieta novella. Mentre le indiscrezioni che vogliono un giorno Motta vicino al Milan e il giorno successivo vicino alla Juventus (con Giuntoli che lo avrebbe contattato almeno un paio di volte, anche se il responsabile tecnico bianconero smentisce) si rincorrono. Qual è la soluzione migliore a questo punto? Che la squadra continui il suo percorso di luci, ed è la cosa che più conta, e che gli uomini dell’area tecnica guardino a fari spenti eventualmente anche al dopo Motta. Perché se è vero che Motta ha il diritto di prendere tempo per poter scegliere il proprio futuro, è altrettanto vero che il Bologna ha il diritto di non perderne troppo e di poter scegliere entro una certa data l’eventuale alternativa, senza correre il rischio poi di doversi accontentare di chi è rimasto libero.
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