Bologna: Guaraldi, la verità su Diamanti-Pioli

BOLOGNA – Ci si può infastidire anche di sabato mattina, all’inizio di un week end torrido, ma non così terribile, lontani dalle ansie o dalle scorie del calcio. Albano Guaraldi, il presidente del Bologna che ha nel suo curriculum un salvataggio del club (dall’era Porcedda-Menarini), il miglior risultato del Bologna degli ultimi 14 campionati, una retrocessione e una gestione improntata all’emergenza finanziaria che gli sono valsi una condanna dell’ambiente, a cominciare da quegli amministratori cittadini pronti a cavalcare il furore della piazza senza capire granché di calcio (nè di aziende sportive).

Diamanti all’ennesimo trasferimento ci riprova e rilancia le sue accuse: è andato via da Bologna per colpa della società, di Guaraldi in particolare. Diamanti deve avere un conto aperto con Bologna. Forse perché si è offerto più volte e le risposte dell’attuale club e dell’ambiente sono state meno che tiepide.
«Sono due anni che taccio. C’è un altro presidente, un altro gruppo di lavoro e io posso solamente fare tifo per questa squadra. Ma la continuità con la quale Diamanti accusa il Bologna per la sua cessione mi ha stufato. Vorrei ristabilire la verità ».

Prego.
«Diamanti è andato via di fronte a un contratto milionario, dopo settimane di pressioni e di siparietti espliciti. La moglie piangeva e batteva i pugni perché voleva andare in Cina. Io e il calciatore venimmo quasi alle mani quando Diamanti scoprì che avevamo rifiutato la cessione (che avvenne inevitabilmente qualche giorno dopo) per motivazioni legate alle garanzie finanziarie della prima offerta».

Ma cosa le dà fastidio di questa vicenda, ormai datata, era l’inizio del 2014?
«Che qualcuno mostri tutta la sua pochezza, dopo aver orchestrato e preparato per mesi quella soluzione e dopo aver in tutti i modi demotivato, durante quella stagione, la squadra, aver attaccato l’allenatore, chiedendone l’esonero ad ogni occasione, aver contribuito in maniera decisiva alla retrocessione ».

Insomma colpa di Diamanti, ma lei avrà pure le sue responsabilità in quella stagione.
«Certo e tante, mica le nascondo. Io ho sbagliato. Ma l‘errore più grande è stato la gestione di Diamanti: avrei dovuto mandarlo in tribuna, usare il pugno duro. E non esonerare Pioli. Ma l’inesperienza e la difficoltà a dover gestire certe situazioni mi hanno porato a commetere errori. Errori che ho pagato e che, purtroppo, ho fatto pagare alla società. Ma Diamanti non è stato uno stinco di santo e non può passare da vittima».

Qualche episodio?
«Ripeto, aveva delegittimato l’allenatore già prima di Natale. Mi disse pure: vinciamo contro il Genoa, però questo allenatore va esonerato, perché non ci porta da nessuna parte. Qui se resta Pioli si rischia di perdere a Catania».

E accadde proprio così…
«Sì e io esonerai Pioli: fretta, consapevolezza che poteva avere un leader contro, convinzione che la squadra non credeva più in lui. Ma questa convinzione era stata indotta dal lento lavorio di Diamanti nei confronti dei suoi compagni di squadra. Diamanti ha fatto di tutto per mandare via Pioli. E io non ho avuto la forza e le risorse per contrastare questa degenerazione».

Insomma a lei dà fastidio essere ricordato, in questa storia, con il ruolo del cattivo.
«Cattivo lo sono stato in tante circostanze, ma in questa avrei dovuto essere più cattivo, però in un altro senso. E comunque ho pagato. Per questo non mi piacciono i furbi, Quelli che vogliono sempre fare bella figura. Soprattutto se ne hanno fatte tante… Dopo la cessione, Diamanti, fece il giro delle sette chiese, tra capi ultrà e tifosi influenti, a dire che l’avevamo mandato via».

Però cosa si può fare quando un calciatore vuole scappare?
«Niente. E lo dimostra anche il caso Diawara. Saputo ha un’altra forza. La società ora è più strutturata. ma ricordiamo cosa accadde per Ramirez: svogliato, si allenava male, faceva in modo di rendersi indesiderabile. Ma almeno c’era. Diawara ha preso ed è andato via. Guaraldi allora venne massacrato. Ma quando capitano i Diawara, i Diamanti e i Ramirez c’è poco da fare. Si può solo cercare di evitare danni economici per il club».

Come vede il mercato del Bologna e l’attuale gestione?
«Non voglio parlare, non sarebbe giusto e corretto. Saputo, grande imprenditore, e il suo staff, hanno un progetto e sanno il fatto loro. Saputo sta procedendo secondo una logica aziendale. Sta dando al Bologna una patrimonialità, penso al centro sportvo, penso allo stadio. Era la nostra strada, ma non avevamo la stessa forza e non abbiamo avuto il tempo per fare tutto questo. Poi, e concludo, se la società fosse rimasta in mano a Tacopina, non so come sarebbe finita».

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