Bologna, cambiare è ingiusto e anche inutile

Figuriamoci se uno come Sinisa può fare un passo indietro, lui è da una vita che va avanti, anche quando di fronte c’è una guerra oppure una malattia bastarda. Soltanto chi non lo conosce può pensare che Mihajlovic possa arrendersi senza combattere e senza affrontare il nemico guardandolo negli occhi, per questo ci sorprende che uomini di calcio abilissimi come Saputo, Fenucci e Di Vaio, adesso sostenuti anche da Sartori, che lo frequentano da anni, cerchino una soluzione in cui di mezzo ci deve essere un compromesso. Con Mihajlovic il compromesso non esiste: se lo vuoi mandare a casa, devi avere la forza di licenziarlo e di ripartire da zero. Una scelta impopolare, rischiosa, forse addirittura pericolosa dal punto di vista tecnico e lo sosteniamo giudicando soltanto l’allenatore e non certo l’uomo malato, che non merita nemmeno di essere messo in discussione.  
 
Cosa dovrebbe pagare Mihajlovic dopo cinque giornate? Gli autogol di De Silvestri a Roma contro la Lazio e di Schouten a La Spezia? O la sconfitta in casa dei campioni d’Italia? Ce lo chiediamo dopo aver ripercorso le partite del Bologna, che hanno procurato tre punti contro gli otto della stagione scorsa. Una differenza evidente, è vero, ma ogni campionato racconta una storia diversa, come diversa, ovviamente, è la squadra. Che ha perso Theate, Svanberg e Hickey, 10 gol complessivi la stagione scorsa: giocatori valorizzati dal tecnico e successivamente venduti per oltre 40 milioni di euro, reinvestiti soltanto in parte sul mercato. All’ultimo momento sono arrivati a Bologna dei giovani interessanti o delle scommesse ancora da vincere, proprio come lo erano i tre gioielli sacrificati per il bilancio al momento del loro arrivo. Parliamo di Moro, di Cambiaso, di Posch, di Ferguson, di Sosa e dello stesso Zirkzee, sebbene abbia già più esperienza degli altri. Chi pensa che il Bologna di oggi sia più forte di quello di ieri si sbaglia, perché per costruire una squadra e dei giocatori da serie A ci vuole tempo e due mesi (uno di preparazione e uno di campionato) non bastano né per Mihajlovic né per il suo eventuale successore, che sarebbe costretto a ripartire da zero.  Se il Bologna si è salvato nelle ultime tre stagioni, lo deve proprio a Sinisa, che spesso ha coperto con la sua personalità e la sua esuberanza la scarsa ambizione della società, che ora gli sta presentando il conto. Mihajlovic non è un allenatore a metà perché ogni tanto è costretto a chiudersi in una stanza di ospedale, Mihajlovic è l’allenatore che ha tramesso alla squadra il patrimonio che gli riempie il cuore da una vita e non certo da quando si è ammalato: il coraggio di combattere. Che alleni da remoto oppure sul campo, sempre che non ci sia il pericolo del sole: Saputo è sicuro che il Bologna possa migliorare e mantenere le proprie qualità caratteriali senza il suo inseparabile comandante, per il quale ha dimostrato di essere pronto a tutto? Il presidente rifletta su questo e poi prenda una decisione definitiva, puntando soltanto sulla sua audacia e non cercando una sponda in Sinisa, che prepara il suo prossimo passo. In avanti, come sempre.

Mihajlovic: “In Italia bastano 4 partite per parlare di crisi”

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