Benevento-Milan, Inzaghi tenta lo sgambetto all’amico Maldini

Fin da bambino, Pippo ha voluto essere Inzaghi. E così dapprima ha fortissimamente voluto diventare un attaccante da 300 e passa gol e poi allenatore degno della serie A. In un caso e nell’altro non ne aveva le doti stabilite dalla natura. Ha dovuto guadagnarsele sul campo. Da ricordare, a tal proposito, il giudizio di Jorge Valdano che sembrava una stroncatura ma che invece è un attestato alla volontà, alla dedizione, al lavoro, al desiderio di migliorarsi. L’ex sodale di Maradona scrisse di Pippo: «Quello lì non driblerebbe nemmeno una sedia». Probabilmente, il giudizio più azzeccato fu quello successivo firmato da Emiliano Mondonico che lo allenò a Bergamo e ne affinò le qualità balistiche. «Non è Inzaghi innamorato del gol, è il gol che si è innamorato di Inzaghi». Perfetto. Così da allenatore. Pippo è sempre stato convinto, fin dal suo esordio, d’essere in grado di diventare Inzaghi anche in panchina perché si portava dietro alcune caratteristiche che gli erano servite da calciatore. Per esempio lui studiava e conosceva pregi e difetti dei difensori contro i quali avrebbe giocato il giorno dopo. Per esempio ha sempre osservato una dieta scrupolosa a tavola così da suscitare qualche sfottò quando, viaggiando verso la Georgia per la partita d’addio di Kaladze, si portò
nel bagaglio le buste di bresaola che non avrebbe trovato a Tiblisi.

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Uno come lui

Perciò solo uno come lui, che si è fatto prima bomber e poi allenatore, avrebbe avuto la forza e l’umiltà di salire in cima alla piramide (Milan), di cadere rovinosamente, per poi rialzarsi e ripartire, correggendo errori, modificando sistema di gioco e metodi d’allenamento perché informarsi, vedere cassette e conoscere calciatori è sempre stata la sua attività principale seguita dalla passione per le belle donne. Dopo il Milan ricominciò dal Venezia, dopo il Bologna (con esonero), ripartì da Benevento che resta il suo capolavoro. Perché la cavalcata trionfale in serie B, con 8 record centrati, è da consegnare agli archivi del calcio italiano, e questa partenza in serie A è una strepitosa premessa, capace di far sognare tutta una città e moltissimi dei suoi fans rossoneri che lo seguono e lo apprezzano ancora per quei gol di Atene. I 18 punti in 14 partite sono una performance degna di un altro primato. Significano 1,28 punti per ciascuna sfida grazie a una striscia recentissima che è davvero luccicante. (nelle ultime 7 gare una sola sconfitta, 3 vittorie e 3 pareggi, l’ultimo col fratello Simone) prima di chiudere il magnifico 2020 col botto di Udine.

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Milan, Dalot ci riprova

Ieri pomeriggio, anti-vigilia della trasferta a Benevento, Pioli ha lavorato con una squadra che nel battesimo del nuovo anno dovrà rinunciare al proprio asse portante. Almeno cinque assenti domani: se con Castillejo si salirà a sei lo chiariranno le prossime ore. Oggi, nella rifinitura, lo spagnolo svolgerà il test decisivo capendo se sull’aereo (in direzione Napoli, poi il gruppo si sposterà a Benevento in pullman) potrà salire oppure no. Di sicuro, però, il totem Ibrahimovic è in buona compagnia perché Theo Hernandez – squalificato – e Bennacer oltre a Gabbia e Saelemaekers resteranno alla base. Il belga verrà rivalutato settimana prossima, quindi anche il suo forfait – per la lesione al retto femorale della coscia – si estende alla partitissima con la Juve nella sera dell’Epifania. Il rientro di Zlatan, invece, è previsto per metà gennaio. Kessie al proprio posto, scontato il turno di squalifica contro la Lazio. Fascia sinistra con Diogo Dalot, titolare in campionato soltanto a Genova quando era stato il peggiore del Milan. Dopo una partenza promettente (gol e assist contro lo Sparta Praga, sempre da terzino sinistro) il portoghese ha smarrito la continuità. Il Milan ha poi una certa dimestichezza con la ripresa del campionato: la pausa di ottobre ha messo Pioli di fronte al derby e quella di novembre alla trasferta di Napoli. Due vittorie cruciali, se ancora oggi troviamo i rossoneri stabilmente in vetta al campionato. E con due gol a partita segnati regolarmente, in A. Pure questa è un’abitudine tramandata ormai dallo scorso luglio. Tasso di produttività consegnato a un Milan travolgente, che dopo il Benevento dovrà guardare dritta negli occhi la Juve.  

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