Balo si racconta da Fedez: “Sono milanista ma amo ancora l’Inter. E la lite con Mou…”

L’attaccante si racconta in un’intervista a “Muschio Selvaggio”, il podcast condotto dal cantautore. “Avevo tutti gli occhi addosso, ho commesso qualche errore ma non troppi. E mi sento ancora da Nazionale”

Francesco Calvi

24 aprile – Milano

“Errori? Ne ho fatti un po’, ma non troppi. Però, a differenza di tanti colleghi, io ho sempre ammesso le mie colpe”. Mario Balotelli si racconta senza filtri ai microfoni di “Muschio Selvaggio”, il podcast condotto da Fedez, che già in passato aveva ospitato personaggi di spicco del mondo del pallone. L’attaccante, oggi capitano e leader degli svizzeri del Sion, ha ripercorso insieme al cantante i principali step della sua carriera.

Le origini

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“Da bambino avevo un carattere particolare – spiega Supermario -. A 4 anni sono stato affidato alla famiglia Balotelli, non capivo cosa stesse succedendo e, probabilmente, non ero un tipo facile da gestire. Con il passare del tempo ho capito che i miei genitori avevano cercato di regalarmi un futuro migliore, li ringrazio per questo. I Balotelli, a loro volta, hanno sempre spinto perché mi impegnassi a scuola. Effettivamente, se avessi pensato soltanto al calcio, forse mi sarei bruciato…”.

L’Inter e Mou

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L’attaccante 32enne ha ricordato i suoi primi anni da professionista: “L’Inter l’ho amata tantissimo, la amo ancora. Sono grato ai nerazzurri, soprattutto a Moratti. Nel mio cuore sono milanista, però all’Inter ho trovato davvero un gruppo stupendo e tifosi straordinari. La maglia gettata a terra, dopo la semifinale contro il Barcellona, ha rovinato tutto: io ho sbagliato, ma avevo 19 anni. Non capivo come mai tutto lo stadio potesse fischiarmi per un paio di palloni persi: tornai a casa piangendo. Materazzi era il mio angelo custode. Dopo quel gesto venne a sgridarmi, però voleva soltanto proteggermi. Mou? Non è un tipo semplice, proprio come me. Prima di una trasferta a Catania, litigammo sul pullman che ci portava in aeroporto. Mi fece scendere e tornai a casa in auto…”.

Il calcio di Totti

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Una delle ultime tappe da interista, per Balotelli, è rappresentata dalla finale di Coppa Italia vinta contro la Roma, nel giorno in cui Totti fu espulso per un calcione rifilato a Mario. “In verità non mi fece male – spiega l’attaccante -, però è chiaro che, se mi vieni addosso così, io devo cadere a terra. Francesco non aveva nulla contro di me, era arrabbiato perché non aveva giocato titolare. Gli scrissi un messaggio chiedendogli il motivo di quel gesto, lui mi rispose che non era neppure riuscito a prendermi bene… Ci abbiamo scherzato su, lo rispetto e abbiamo un ottimo rapporto”.

Errori e gossip

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Quanto alle “balotellate”, Supermario ammette le sue colpe: “So di avere sbagliato qualcosa, ma è anche vero che avevo sempre i riflettori puntati addosso. Al di là del mio carattere e dell’etichetta di baby fenomeno, credo che lo status di primo giocatore di colore nella Nazionale abbia contribuito a far sì che si parlasse sempre di quello che facevo fuori dal campo. Ho visto certi colleghi fare cose che, se le avessi fatte io…”.

La Juve e Raiola

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Prima di passare al Milan, Balotelli è stato vicinissimo alla Juventus: “Ero al Manchester City e Raiola parlò con Marotta. Incontrai Conte e Nedved, il tecnico mi spiegò come mi avrebbe fatto giocare. Sembrava fatta, così Raiola chiamò Galliani per dirgli che avrei firmato con i bianconeri. Adriano stoppò tutto e mi portò al Milan: in rossonero ho trovato una vera e propria famiglia”. Il legame tra Mario e Mino, suo procuratore e amico scomparso lo scorso anno, andava ben oltre gli affari: “Mi ripeteva sempre la stessa frase: se Messi e Ronaldo hanno così tanti Palloni d’oro, la colpa è tua. Aveva ragione, ho giocato troppo spesso al 20%…”.

Ritiro e Nazionale

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“Quando indossi la maglia azzurra, provi un’emozione incredibile – sottolinea Supermario -. Con Mancini c’è sempre stato feeling, non è vero che abbiamo litigato ai tempi del Manchester City. Mi sento ancora un calciatore da Nazionale. Ritiro? Credo di poter fare almeno altri quattro anni a un buon livello. Invecchiare non è bello, però punto a dare il massimo da qui alla fine. Quando smetterò, sarò contento del percorso che ho fatto. Potevo raccogliere qualcosa in più, però ho comunque vinto tutto”.

Leao e Osimhen

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Un ultimo commento, alla fine della puntata di “Muschio Selvaggio”, riguarda le stelle di Milan e Napoli: “Fino a quando Messi giocherà, continuerò a dire che è lui il calciatore più forte in circolazione. Dopo, magari, sarà il turno di Haaland e Mbappé. Occhio pure a Leao e Osimhen: con la testa giusta, possono arrivare al livello di Erling e Kylian”.

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