Atalanta-Venezia, occhio allo stesso segno al 45’ e al 90’

L’Atalanta, con il successo esterno a Torino contro la Juventus nell’ultimo turno, conferma tutte le sue qualità ma, soprattutto, conferma il suo quarto posto in classifica alle spalle di Napoli, Milan e Inter. Neanche il tempo di rifiatare che già si ritorna in campo e per i nerazzurri c’è adesso da superare l’ostacolo Venezia. I “lagunari” sono reduci dal ko interno rimediato contro l’Inter e attualmente sono quint’ultimi a pari punti con Udinese e Sampdoria.

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Dopo nove “Goal” di fila l’esito è cambiato

L’Atalanta, prima della sfida con la Juventus, si faceva notare per la sua lunghissima sequenza di esiti “Goal” consecutivi: ben nove che lasciavano intendere che, quanto prima, si dovesse assistere ad una inversione di tendenza. Una inversione che è puntualmente arrivata a Torino con la vittoria per 1-0 (grazie ad una rete di Zapata) che ha rimesso ogni cosa al suo posto.

C’è ancora un elemento da considerare

Una veloce occhiata ai numeri della “Dea” permette però di individuare un altro elemento che, forse, può meritare un po’ di attenzione. Si tratta stavolta del segno fatto registrare alla fine del primo tempo ed il segno relativo al risultato finale. Dopo 14 gare di campionato l’Atalanta presenta, sia al 45’ che al 90’, lo stesso segno in ben dodici di queste e da ben otto incontri a questa parte. Volendo essere più precisi, a prescindere dal fatto che giocasse in casa o fuori, la squadra guidata da Gasperini ha collezionato ben sette accoppiate “Parziale/Finale 2/2” (si è materializzata grazie a cinque vittorie esterne che hanno fatto seguito al vantaggio a metà gara più due ko interni con Fiorentina e Milan nei quali i nerazzurri erano già sotto all’intervallo) più tre “X/X” e due “1/1” (che, evidentemente, risulta la meno frequente). Uno scompenso che, contro il Venezia, potrebbe essere risistemato. Per il Venezia le accoppiate “Parziale/Finale” uguali sono state finora soltanto sette e in quest’ambito la “1/1” si è vista soltanto due volte. Chissà che anche stavolta non valga la classica regola del “non c’è due senza tre”.

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