Argentina, il riscatto popolare di un Paese in crisi

In Argentina, di champagne se ne vede poco. E non perché le importazioni siano poco frequenti e perché l’economia locale non permetta lussi del genere. Bensì perché il festeggiamento per il quale si poteva aprire la bottiglia deluxe era atteso da 36 anni. Un Grand Cru era stato messo in ghiaccio da quando Diego Armando Maradona era volato su tutti a Città del Messico, sorridendo da ragazzo della villa miseria che aveva creato la sua leggenda arrivando in cima al mondo. E questa bottiglia di champagne francese, finalmente, è stata aperta con enorme fragore ieri, proprio in barba a quei francesi che venivano spiattellando la loro grandeur di campioni in carica. A consumare questo nettare così prestigioso e d’annata è stato tutto un popolo che ha trattenuto il respiro e la mano sul sughero per giorni. Per poi far esplodere in aria champagne e felicità in un pomeriggio porteño caldo, nel quale la gente è scesa in piazza per celebrare una gioia infinita incastonata in un periodo storico difficile. Ieri, però, nessuno ci ha pensato.

Messi alza al cielo la Coppa del Mondo: è festa Argentina!

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Il momento della festa

Tutti volevano vincere a Buenos Aires, dove il maestoso obelisco è stato come sempre il centro nevralgico dei festeggiamenti iniziati intorno alle 15 locali, momento nel quale Gonzalo Montiel segnava il rigore decisivo. Il botto della bottiglia stappata sfociava nell’esplosione di felicità per migliaia di persone riversatesi nel centro della città, una città nella quale i mezzi pubblici avevano smesso di funzionare dalle 11 del mattino, ossia un’ora prima del fischio iniziale della finale. L‘euforia era quella di un paese nel quale i tanti giovani appassionati di calcio non avevano mai visto un trionfo mondiale, nonostante la presenza di quel Lionel Messi che tutti speravano potesse alzare la coppa. Finalmente così è stato e, nonostante la distanza siderale con il Qatar, il rimbombo della festa biancoceleste è stato il più fragoroso di tutti. Dal quartiere borghese di Palermo alla storica ma decadente Boca, passando per il Microcentro del già citato obelisco, c’è stato un solo urlo comune, quello della gioia per una vittoria attesa da tantissimo, forse troppo tempo. A spadroneggiare, oltre alle classiche bandiere patrie, immagini di Maradona e Messi di ogni tipo, a unire il ricordo del glorioso passato e dell’entusiasta presente. Una nazione in ginocchio dal punto di vista economico, che però ha trovato la rivincita nello sport più popolare, nella sublimazione più agonica della competitività. Sullo splendido Teatro Colon campeggiava fiera una maglia gigante albiceleste con su scritto: “Campeones del mundo”.

Festa anche a distanza

Si sono registrati festeggiamenti anche nella base militare argentina in Antartide. A 12.000 km di distanza, Napoli risponde. Da Piazza Dante ai Quartieri Spagnoli si sono registrati tantissimi caroselli festanti. Agli argentini di stanza in città si sono aggiunti tanti autoctoni. Nel nome di Diego, capace di creare come nessun altro un legame culturale oggi pulsante come non mai.

Argentina, la gioia dei tifosi dopo i gol di Messi e Di Maria

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